Il sistema italiano dell’intelligence compie cent’anni.
Ecco le trasformazioni e le sfide di un sistema che mantiene al centro la missione originaria: tutelare la sicurezza dello Stato.
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Intelligence italiana, un secolo di storia
Il 15 ottobre 1925, con regio decreto, veniva formalmente istituito il Servizio informazioni militari, che rappresentò la prima struttura unitaria di intelligence nazionale, con l’obiettivo di coordinare le attività di raccolta e analisi delle informazioni svolte da Esercito, Marina e Aeronautica.
Tuttavia, tale organismo si inseriva in un panorama già ricco di attività informative avviate negli Stati Maggiori, e operò nel contesto del regime fascista, con una forte impronta militare e segreta.
A cento anni da quel decreto, il sistema italiano dell’intelligence celebra un secolo di storia.
La commemorazione
La ricorrenza è stata commemorata con una cerimonia ufficiale a Roma, a cui hanno partecipato il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, i direttori del dipartimento delle Informazioni per la sicurezza, dell’Aise e dell’Aisi, nonché rappresentanti delle istituzioni, del Parlamento e delle Forze Armate.
In concomitanza, è stato presentato un francobollo commemorativo, emesso dal ministero delle Imprese e del Made in Italy in collaborazione con Poste Italiane, e una moneta celebrativa da cinque euro, realizzata dall’Istituto poligrafico e zecca dello Stato per il ministero dell’Economia e delle Finanze.
Le origini dell’intelligence in una storia lunga un secolo
Le radici dell’intelligence italiana, tuttavia, affondano più indietro nel tempo. Già presso lo Stato Maggiore dell’Esercito sabaudo, nel Regno di Sardegna, era attiva dal 1855 una “Sezione servizi segreti” incaricata di attività di raccolta informativa in ambito militare e strategico, poi evoluta, dopo l’Unità d’Italia, negli organi dello Stato Maggiore del Regno.
Durante la Prima guerra mondiale, l’Ufficio I dello Stato maggiore, e poi il Servizio I, ebbero un ruolo nell’attività di intercettazione, seppure in condizioni operative difficili.
Nel periodo fascista, il Sim – istituito nel 1925 e posto nel 1927 alle dirette dipendenze del Capo di Stato maggiore generale – divenne l’organo centrale che unificava e coordinava i settori informativi delle Forze armate, con un mandato ampio, ma spesso condizionato dal potere politico.
La fine della dittatura e l’inizio dell’era repubblicana
Con il crollo del regime e la fine della Seconda guerra mondiale, l’Italia repubblicana ripensò l’apparato dell’intelligence.
Ufficialmente, nel 1949 venne creato il Servizio informazioni Forze armate (Sifar), in veste interforze, comprendente personale di esercito, marina e aeronautica. L’intelligence dell’Italia repubblicana operava sotto la direzione del Capo di Stato maggiore della Difesa ed era il successore dell’attività informativa militare.
Ma negli anni Sessanta, fra tensioni politiche e scandali, emerse la necessità di ridefinire il quadro dell’intelligence. Nel 1966 infatti la soppressione del Sifar portò alla sua sostituzione con il Servizio informazioni Difesa (Sid), organismo con compiti più ampi ed articolati.
L’intelligence negli anni di piombo: il modello binario
A fronte di crescenti preoccupazioni per fenomeni di eversione e terrorismo interno, negli anni Settanta, la riforma voluta dal Parlamento portò all’approvazione della legge 24 ottobre 1977, n. 801, che istituì due distinti servizi: il Sismi, per la sicurezza militare e l’attività estera, e il Sisde, per la sicurezza interna, insieme al Cesis, con funzioni di collegamento e coordinamento fra i servizi e il Governo centrale.
Questo modello “binario” restò operativo fino al 2007, ma non senza criticità. Nuovi scandali e inchieste emersero negli anni Ottanta e Novanta. Coinvolgevano ancora i servizi, ponendo l’accento sulla necessità di un controllo più stretto e una maggiore chiarezza operativa.
Aise e Aisi: la riforma dell’intelligence del 2007
La svolta decisiva giunse con la legge 3 agosto 2007, n. 124, che sancì la riorganizzazione dell’intero comparto.
Nacque allora il Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica, con il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS) quale struttura di coordinamento presso la presidenza del Consiglio.
L’Agenzia per le Informazioni e la Sicurezza Esterna (AISE) e l’Agenzia per le Informazioni e la Sicurezza Interna (AISI) sostituirono, rispettivamente, Sismi e il Sisde, una volta soppressi.
L’innovazione principale fu il superamento della distinzione tra intelligence militare e civile, sostituita dalla vocazione territoriale: l’Aise opera all’estero, l’Aisi in ambito nazionale.
Il sistema di controllo
La legge 124/2007 introdusse anche un sistema di controllo parlamentare più stringente, ridefinendo i poteri del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir), stabilendo limiti temporali al segreto di Stato e regole più chiare per i rapporti con la magistratura.
La riforma rafforzò inoltre il carattere civile e democratico del comparto, ponendo il DIS sotto la diretta responsabilità della presidenza del Consiglio e favorendo una maggiore trasparenza amministrativa.
Ma la riforma non abolì le funzioni tecnico-militari. Rimasero infatti affidate al II Reparto informazioni e sicurezza dello Stato maggiore della Difesa, che continua ad operare in coordinamento con l’Aise.
Reclutamento del personale
La legge stabilì inoltre modalità specifiche di selezione e reclutamento del personale, prevedendo la possibilità di avvisi pubblici per profili civili e l’assunzione diretta di figure altamente specializzate, secondo procedure regolate dal DIS.
Ogni anno, il governo è tenuto a trasmettere al Parlamento una relazione pubblica sulla politica dell’informazione per la sicurezza, assicurando un canale di comunicazione istituzionale tra il sistema di intelligence e la collettività.
Il sistema di intelligence attuale in Italia
Oggi il sistema di intelligence italiano si muove in un contesto radicalmente diverso rispetto al passato.
Le minacce non sono più solo militari o geopolitiche, ma comprendono la sicurezza cibernetica, la manipolazione informativa, le interferenze straniere nei processi democratici, la tutela dei segreti industriali e la protezione delle infrastrutture critiche digitali.
La sfida della cyber intelligence
In questo quadro, il Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica ha progressivamente integrato la cyber intelligence tra le sue funzioni centrali, rafforzando le capacità di prevenzione, rilevazione e risposta agli attacchi che possono compromettere la sovranità digitale del Paese.
La cooperazione con università, centri di ricerca, aziende tecnologiche e organismi internazionali è diventata parte integrante della sua missione. La crescente importanza dell’intelligenza artificiale, del machine learning e dell’analisi predittiva sta trasformando profondamente il modo di raccogliere, filtrare e interpretare i dati.
Allo stesso tempo, l’intelligence del futuro dovrà confrontarsi con nuove sfide etiche e politiche: l’uso dell’IA nei processi decisionali, la difesa dalla disinformazione, la gestione di guerre ibride (ovvero strategie militari, che si distinguono per la grande flessibilità, unendo la guerra convenzionale, quella irregolare e la cyber guerra fatta di azioni di attacco e sabotaggio cibernetico) e la tutela della privacy dei cittadini.
Il principio di fondo rimane invariato: prevenire, comprendere, proteggere. A cento anni dalla nascita del Sim, l’intelligence italiana continua a evolversi nel segno della modernità, della competenza e della responsabilità democratica.
La sicurezza è ormai una funzione collettiva che coinvolge cittadini, istituzioni e imprese nella difesa condivisa degli interessi strategici della Repubblica.












