Un articolo dal titolo “L’Ue fornisce telefoni usa e getta al personale diretto negli Stati Uniti per timore di spionaggio” pubblicato sul Financial Times il14 aprile ha sollevato una polemica che apre le porte a riflessioni la cui portata va ben oltre il rapporto tra Bruxelles e Washington e va anche al di là delle logiche dello spionaggio commerciale e industriale.
L’idea in sé può sembrare balzana e persino macchiata da una sorta di isterismo dettato dal timore irrazionale e incontrollato. Se si esamina la questione facendo anche ricorso a politiche e decisioni recenti, emerge un quadro prudenziale che subordina la paura alla necessità.
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Telefoni usa e getta, spionaggio e tensioni: cosa dice l’articolo del Financial Times
Riassumiamo l’articolo del Financial Times (coperto da paywall) al fine di estrapolarne l’essenziale.
L’Ue avrebbe deciso (condizionale d’obbligo) di dotare di telefoni usa e getta i propri emissari in viaggio negli Stati Uniti. Questo per lenire i rischi di spionaggio perché, come si legge nell’articolo, le strategie di sorveglianza elettronica attuate da Washington sono sempre più affilate.
Tuttavia, credere che questa misura sia originata soltanto da una diffidenza dell’Ue nei confronti degli Usa è fuorviante. Rientra, infatti, nei canoni di una postura cautelativa che per l’Ue va assunta a prescindere, così come ha sottolineato un portavoce dell’Unione che ha solo parzialmente smentito la notizia, ridimensionando a mera raccomandazione e non a un obbligo l’uso di dispositivi da distruggere al rientro da ogni missione.
In pratica, almeno stando a quanto è possibile dedurre dalle informazioni accessibili, i funzionari Ue in missione all’estero, possono decidere di utilizzare dei telefoni usa e getta in luogo di quelli che hanno in dotazione.
Obbligo o meno, è utile comprendere come i rischi di cyber security e di spionaggio stiano cambiando i rapporti diplomatici tra Stati o confederazioni amiche.
Sarà interessante vedere, alla luce di tutto ciò, quanto la diffidenza che vige nel panorama internazionale peserà sulle spalle della tanto agognata e necessaria collaborazione tra Stati ed entità statali per combattere il cyber crimine.
Il confine labile tra isteria e precauzione
Con il supporto del giornalista Andrea Daniele Signorelli, che spesso indaga i legami tra tecnologie e politica, cerchiamo di dare un senso al ricorso ai dispositivi usa e getta e misuriamo quanto faccia bene questa diffidenza ai già precari equilibri geopolitici.
Al centro del dibattito non c’è solo il pericolo che i dispositivi elettronici vengano compromessi durante le visite e, in potenza almeno, non solo la capacità di sorveglianza degli Stati Uniti. Subentrano anche le tensioni sui temi commerciali e tecnologici tra Europa e Usa, così come sottolinea il Financial Times.
Partiamo proprio dai rapporti attuali tra Bruxelles e Washington: “Penso che questa notizia rappresenti un ulteriore passo avanti nell’allontanamento che stiamo osservando tra Stati Uniti e Ue. I rapporti sono ai minimi storici ed è quindi comprensibile, e non più di tanto sorprendente, che ci siano nuove cautele da parte dell’Europa nei confronti di Trump e della sua amministrazione. Se inoltre pensiamo che anche quando i rapporti erano completamente diversi ci sono stati casi di spionaggio anche molto gravi (vedi lo spionaggio degli Stati Uniti su Angela Merkel) si capisce bene come, a maggior ragione in questo periodo, si possano reputare necessarie ulteriori cautele”, spiega Signorelli.
Vanno poi presi in considerazione il potere, il timore e la capacità di creare pressioni del cyber crimine in generale per capire se le politiche dei criminal hacker stanno vincendo anche sul piano geopolitico: “Non direi che stiano vincendo, ma sicuramente il cyberspionaggio tra le nazioni e il rischio di incursioni hacker è qualcosa a cui bisogna costantemente prestare attenzione.
Lo sappiamo ormai da tempo, ma adesso è sempre più evidente: l’ambito cyber è parte integrante del mondo dell’intelligence e anche della sfera bellica, di conseguenza non è più possibile agire con la superficialità che era spesso presente fino a pochi anni fa. Lo si vede anche nella richiesta, per esempio, della Commissione Europea, che ha consigliato al proprio staff di utilizzare Signal per proteggere al massimo le proprie comunicazioni.
Tutto ciò non significa che gli hacker stiano vincendo, ma che la cautela che c’è sempre stata tra nazioni (anche alleate) si sta sempre più adeguando al mondo connesso e digitale in cui viviamo”, conclude Andrea Daniele Signorelli.