Nell’ultimo summit organizzato dalla Jisd (Joint intelligence and security sivision) della Nato, i Centri di eccellenza (Coes) e la Nato Intelligence Enterprise (NIE) hanno discusso di come puntare all’intelligence dell’Alleanza e rafforzare le sue capacità a fronte delle nuove sfide future.
Tra queste, la difese delle terre artiche attraverso una strategia condivisa di Nato ed Unione europea che combini sicurezza, sostenibilità e governance multilaterale.
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Il summit della Nato
Come ogni anno, la divisione JISD della NATO, i Centri di eccellenza e la Nato Intelligence enterprise si sono riuniti per discutere focus e strategie nel campo dell’intelligence per garantire la sicurezza collettiva.
L’obiettivo principale dell’incontro di quest’anno è stato quello di condividere informazioni e mettere in campo interessi e capacità di ognuno per una più efficacia cooperazione.
Il Generale Paul Lynch, vice assistente del Segretario della Nato per l’intelligence, ha esordito nell’incontro evidenziando come la Nie sia fondamentale nel supportare “il processo decisionale degli Alleati in relazione alle sfide attuali e future“. E, pertanto, l’importanza di servizi segreti sempre più efficaci e capaci di adattarsi rapidamente ai cambiamenti globali.
Le 4 aree chiave delle competenze
Le tre sessioni in cui si è articolato il summit sono passate dalla presentazione delle iniziative dei Coes, alle attività legate all’innovazione per favorire lo sviluppo tecnologico e operativo all’interno dell’intelligence, per chiudere con una discussione aperta tra le varie agenzie di informazione della Nato, partner e industrie dei paesi alleati sul futuro dei servizi segreti.
Ne è emersa la necessità di un approccio dell’intelligence “adattativo e impattante”, che nel contesto geopolitico contemporaneo, costantemente minacciato su più fronti e con strumenti sempre in continua evoluzione, è fondamentale per poter affrontare le crisi in campo cyber e del terrorismo globale.
Le competenze che serviranno all’Alleanza atlantica per potenziare l’intelligence e garantire la sicurezza di tutti i suoi membri sono state divise in quattro aree chiave: “esercitazione e valutazione, analisi e apprendimento dalle esperienze, sviluppo della dottrina e standardizzazione, e sviluppo e sperimentazione di concetti”.
Questi quattro pilastri sono quelli che chiamiamo anche Ciclo di Intelligence, processo che comprende cinque fasi: direction o pianificazione, collection o raccolta, processing o interpretazione, analysis o analisi, e dissemination o comunicazione.
Questi punti ricadono sul discorso cibernetico, su quello del terrorismo globale e su quello che riguarda l’Artico, sempre più sotto i riflettori per il suo ruolo strategico e militare.
L’Artico come scelta geopolitica
All’evoluzione del ruolo strategico delle terre artiche la Nato sta rispondendo, puntando al rafforzamento della cooperazione nordica per una maggiore stabilità e sicurezza dei territori.
Due sono i principali filoni che caratterizzano le terre artiche attualmente: l’informazione legata ai cavi sottomarini e la questione dei microchip e dei satelliti spia.
L’intelligence sta spostando molta della sua attenzione sull’Artico, in quanto quest’ultimo non è più un territorio, ma una scelta geopolitica.
Il cambiamento climatico in atto sta favorendo l’apertura di nuove rotte, esponendo i Paesi a nuove minacce.
Il ruolo del cambiamento climatico
Come riportato dal CeSI, Centro Studi internazionali, infatti, dai dati del National snow and ice data center (Nsidc), è emerso che nel settembre 2023 si è registrato uno dei livelli minimi di ghiaccio marino, confermando questa tendenza che sta portando alla creazione di nuove rotte marittime, come la Northern sea route (Nsr), lungo la costa russa, offrendo tempi di transito più rapidi rispetto a quelle tradizionali.
Le risorse artiche non ancora scoperte
Inoltre, l’evoluzione delle tecnologie estrattive, insieme allo scioglimento della calotta polare, sta facilitando l’accesso alle risorse naturali e “secondo le stime dello United States geological survey (Usgs), la regione potrebbe contenere fino al 13% del petrolio non ancora scoperto e quasi un terzo del gas naturale non sfruttato a livello globale”.
La Nato intelligence per l’Artico
La ricchezza delle risorse naturali fa gola alle grandi potenze mondiali, anche per la mancanza di un quadro normativo vincolante che regoli il territorio a fronte di situazioni di crisi.
L’Artico, nelle mire della Federazione russa, che ha riaperto basi sovietiche e incrementato le esercitazioni delle forze armate, rafforzando così la sua presenza militare sul territorio, e della Cina, che sta investendo in infrastrutture dual-use, è sempre più esposto a minacce, convenzionali e/o ibride, che la Nato ha il compito di gestire o, meglio ancora, prevenire.
Il concetto strategico della Nato
Già nel 2022 a Madrid la Nato aveva adottato il concetto strategico, documento che individuava le terre artiche come un territorio da tutelare a causa della sua crescente vulnerabilità e sottolineava l’importanza di garantire un accesso sicuro alle linee di comunicazione marittime, così come di potenziare la capacità di risposta alle attività della Federazione russa in territorio artico.
La tutela delle rotte transatlantiche
Per rafforzare la propria presenza, la Nato ha inoltre riattivato in Artico il Joint force command norfolk (Jfc Norfolk), per la tutela delle rotte transatlantiche, e del Joint support and enabling command (Jsec) di Ulm, che si occupa del dispiegamento rapido delle forze alleate in Europa.
In più, è stato affidato un ruolo più centrale al Comando alleato marittimo (Marcom), nel coordinamento delle operazioni artiche e nella pianificazione di attività congiunte.
Prospettive future
Per la difesa del Grande nord la Nato ha lavorato sul rafforzamento della cooperazione tra gli Alleati artici e subartici, tra cui Norvegia, Islanda, Danimarca, Canada e Stati Uniti e della sinergia con i nuovi membri, ossia Finlandia e Svezia.
Sicurezza, sostenibilità e governance multilaterale devono essere alla base della strategia condivisa tra Nato e Unione Europea affinché le infrastrutture critiche di tutti i settori di interesse, da quello cibernetico a quello militare o anche ambientale, siano tutelate.