La chiave dell’evoluzione sta nel cambiamento o meglio nell’adattamento alle condizioni avverse, perché come sosteneva Charles Robert Darwin “non è la specie più forte a sopravvivere, ma quella più pronta al cambiamento”. E i tempi sono cambiati.
A caratterizzare i tempi odierni sono minacce ibride e multiformi che minano la pace e che sono frutto di condizioni complesse. Condizioni capaci di provocare scontri geopolitici sempre più simili a confronti fra popoli di diversa cultura e organizzazione sociale, in cui la prevaricazione punta alla conquista delle risorse disponibili, sempre più esigue.
Indice degli argomenti
Gli obiettivi attuativi
Il tema delle disuguaglianze sociali è alla base del ragionamento sulla vera prevenzione delle cause che portano a minacce su ogni fronte.
“Quando incroci questi movimenti e non intervieni, ‘costruisci’ le condizioni perché si creino conflitti che poi non potrai gestire”, spiega Guido Crosetto, ministro della Difesa, in occasione del Defense Summit 2025, organizzato presso il Centro Alti Studi Difesa di Roma, durante il quale gli interventi di figure istituzionali hanno permesso di evidenziare come alla minaccia ibrida, pervasiva che ha radici complesse, si debba rispondere con un approccio proattivo, integrato e strutturato, basato su capacità, competenza, interconnessione, alleanze strategiche, cooperazione.
Ma non come parole di sola strategia, bensì come obiettivi attuativi. Obiettivi che non sono solo del settore difesa perché, se “la guerra-ibrida ci rende tutti un bersaglio”, come sostiene Isabella Rauti, sottosegretario di Stato al ministero della Difesa, allora il tema riguarda tutti i comparti nazionali.
Dunque, la chiamata ad apportare visioni e cambiamenti sollecitata dal ministro Crosetto è rivolta all’intera industria, alla ricerca, all’università e anche alla difesa, ma come fossero un tutt’uno.
“Industria, ricerca, università, difesa. Dev’essere un tutt’uno, servono visioni e cambiamenti: io penso che ci sia tutto per farlo in questo Paese. Il nemico dell’Italia è uno solo: quello di evitare che si presidi un’area di competenza, anche quando non si ha competenza”.
La vera interpretazione dell’Articolo 11
I nuovi concetti afferenti alle capacità di difesa riguardano la fondamentale motivazione di sapere e poter essere in grado di difendere la pace contro minacce e contrapposizioni che possano sfociare in una guerra, elemento esplicitamente ripudiato “per offendere altri popoli o per risolvere conflitti” dalla Costituzione Italiana (Articolo 11). Ogni altra interpretazione potrebbe risultare fuorviante o strumentale.
La ridefinizione della minaccia
Lo scenario della minaccia si descrive sempre come pervasivo, ibrido e complesso e tale da non poter essere fermato in tutte le sue potenziali espressioni, come chiarisce il ministro Guido Crosetto, “viviamo un momento nel quale c’è una tale pervasività della minaccia, che arriva in tutti i modi possibili e immaginabili ma anche inimmaginabili, che rende impossibile costruire una difesa che blocchi queste minacce”.
Ma l’obiettivo di queste minacce è più vicino di quanto si creda. Per il sottosegretario Isabella Rauti “la guerra-ibrida ci rende tutti un bersaglio.
La guerra-ibrida non avvisa, è subdola: punta a destabilizzare, indebolire, bloccare, tutto quello che può: dalle infrastrutture a qualsiasi cosa possa mettere in ginocchio un Paese. L’attore di questi atti ostili non è identificabile. Parliamo di cose lontane da quelle tradizionali”.
Dunque, “la minaccia viaggia anche attraverso canali non tradizionali” come ricorda Sergio Liardo, comandante generale del Ccorpo delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera, che aggiunge, “sono molteplici i fronti su cui dispiegare l’azione. La minaccia è in continuo mutamento”.
Una minaccia che il capo di Stato Maggiore della Difesa Luciano Portolano ridefinisce così: “Le minacce ibride sono ormai un elemento strutturale della sicurezza. La crescente complessità strategica e i rapidi cicli decisionali richiedono non solo velocità d’azione, ma soprattutto la capacità di costruire una comprensione unitaria e condivisa del teatro operativo”.
La prevenzione delle minacce guardando alle complessità sociali
A rappresentare il teatro operativo è anche la società civile, luogo in cui si riversano minacce da ogni dominio.
“Il dramma”, spiega il ministro Crosetto, “è che normalmente non si eliminano minacce, ma si sommano: con vari strumenti e da tutte le parti, via terra, via mare, nello spazio aereo. Non esistono più i confini, perché il mondo ‘cyber’ ha allargato tutto: resta il vecchio e arriva il nuovo”.
Allora il paradigma non è più solo difendersi, ma prevenire. “Il tema diventa non solo quello di difendersi, come fa la Difesa, ma costruire i meccanismi per prevenire le minacce…omissis… Oltre a costruire una difesa sempre più resiliente devi fare si che queste minacce non diventino concrete. La sfida è prevedere i movimenti del futuro”.
Già oggi, “un tema complesso, è quello delle disuguaglianze: chi è ricco è sempre più ricco e chi lavora, attenzione, non chi non lavora, è sempre più povero. Questo viola il patto alla base delle moderne democrazie. La promessa espressa nelle costituzioni democratiche sta andando in crisi, facendo largo alle autocrazie”.
Le campagne di propaganda spesso raccontano le autocrazie in modo allettante.
La riorganizzazione della Difesa
In funzione di questa visione d’insieme l’intento è presentare una riorganizzazione della Difesa.
“Voglio portare in parlamento, a gennaio o febbraio, il tema della riorganizzazione totale della Difesa, a 360° per affrontare le sfide del futuro, che vuol dire anche cambiare rapidamente se serve: siamo in un mondo fluido, dove serve un supporto legislativo che in passato non sarebbe servito.
L’informazione e la comunicazione saranno parti decisive per capire in che direzione andrà il mondo”.
Ma la tecnologia corre più dei piani pluriennali. “Con la crescita della tecnologia, la rincorsa è molto molto difficile. Ho presentato un documento (il Documento programmatico 2025-2027 che da priorità alla protezione delle infrastrutture e al dominio cyber n.d.r.): una volta un documento aveva una vita lunga, 10-15 anni, adesso quando lo presenti rischia di diventare già vecchio, perché l’innovazione, la crescita dell’intelligenza artificiale ed altre cose rischiano di cambiare tutto”.
Cyber Difesa nel piano Crosetto
Il ministro Crosetto al Consiglio supremo di Difesa ha presentato a metà novembre il primo documento di approccio per il contrasto alla guerra ibrida ed espresso nel cosiddetto “non paper”: “Il contrasto alla guerra ibrida: una strategia attiva”.
Il focus del documento, spiegato dal sottosegretario Rauti è la strategia attiva, data dal “rafforzamento della nostra resilienza, risposta in prontezza e proattività e lavoro sull’analisi delle situazioni”. Una risposta che occorre sia integrata e declinata fra “la definizione dello spazio cyber come un teatro operativo, …omissis… la creazione di un’arma cyber che veda collaborare la parte civile e quella militare, la creazione di un centro di contrasto alla guerra-ibrida aggiornando il quadro normativo su queste materie per avere poteri ben definiti”.
Un capitolo molto importante del ‘non paper’ riguarda il dominio cibernetico, da non considerare più come comparto separato, ma come principale terreno della competizione ibrida.
I 500 milioni di euro l’anno per la valorizzazione del dato e la sicurezza digitale, sono esigui, secondo il ministro Crosetto che ha auspicato la creazione di una componente cyber civile e militare integrata per la difesa delle infrastrutture critiche.
In parallelo, l’attenzione sul dominio Spazio si fa strategica non solo per il fronte tecnologico, ma per il suo ruolo cruciale sul fronte informativa di supporto alle decisioni.
Contrasto al conflitto ibrido nell’ambiente digitale
La definizione di conflitto ibrido è bene espressa da Matteo Perego di Cremnago, sottosegretario di Stato al Ministero della Difesa.
“È un conflitto che interseca diversi aspetti, dai domini tradizionali agli altri domini della difesa, come il cyberspazio e la dimensione del water, ma anche a quegli aspetti che non sono secondari. Materie prime, minerali critici, gestione dell’informazione, le campagne di disinformazione della Federazione russa, per esempio, hanno degli effetti significativi sulla creazione del sentimento e dell’opinione pubblica. La sfida è di consapevolezza nel capire che la difesa non è più un pezzo dello Stato, ma difesa e sicurezza sono il fondamento di tutti gli altri”.
Il contrasto ai conflitti avviene anche in ambito digitale. “Ci sono vari scenari pensando alla guerra- ibrida: pensate alla guerra cognitiva”. Chiarisce il Sottosegretario Rauti “un’onda anomala che diffonde fake news, il deep web e quant’altro” per il quale si ha bisogno soprattutto di “personale altamente specializzato e addestrato che sappia orientarsi contro un’informazione distorsiva”. Una sorta di “forum Interforze e appuntamenti con l’area STEM con un primo livello generale e poi un qualcosa di specialistico”.
La società civile non è esclusa. “Fra mondo militare e mondo civile serve
un’osmosi: sul mercato ci sono figure che possono occuparsi di cyber, ma dobbiamo essere appetibili sul mercato del lavoro”.
Concetto della difesa di nuova generazione
Insieme al rinnovamento di visione, lo stato Maggiore Della Difesa ha avviato un processo di transizione “che da un concetto meramente interforze muove verso uno multi-dominio che vede l’Italia ancora in una fase di comprensione e adattamento”.
Lo ha precisato il Generale Luciano Portolano chiarendo anche che con il termine “operazioni multi-dominio si intende un concetto dottrinale che punta a generare effetti politici strategici, strategici militari e operativi nella dimensione fisica, virtuale e cognitivi in modo sincronizzato, efficace, tempestivo e in coordinamento con gli altri attori non militari del potere nazionale”.
L’altro termine chiave è la flessibilità dello strumento militare “intesa come capacità di adattarsi costantemente alle esigenze (anche le più gravose) dettate da scenari in continua evoluzione”.
L’ambiente multi-dominio
Nelle operazioni multi-dominio la principale capacità è “fondere, interpretare e rendere disponibile ai Comandanti l’enorme mole di dati generati in tutti i domini operativi, al fine di perseguire una maggiore capacità di connettività e la necessaria sicurezza e resilienza del cyber-spazio”.
Questo significa passare dal concetto net-centrico (basato sulle reti n.d.r.) al concetto data-centrico (basato sui dati n.d.r.). “Dati che con la loro disponibilità, integrità, accessibilità e protezione diventano sia una risorsa centrale della sicurezza nazionale,” e “il fondamento di un nuovo modo di concepire il comando e il controllo”.
Un ambiente multi-dominio deve avere continuare a garantire alcune capacità strategiche “la superiorità informativa, interoperabilità e interconnettività”. L’efficacia deve essere invece distribuita “valutata nella sua globalità e rappresentata dal prodotto degli effetti generati nell’ambito di tutti i domini (nelle dimensioni fisica, virtuale e cognitiva fisica, virtuale e cognitiva nell’ambito dei cinque domini e con il supporto della tecnologia e non da una semplice sommatoria delle attività svolte dalle singole componenti, tipico dell’approccio solo interforze”.
Un approccio questo, completato dalla visione dell’Ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, presidente del Comitato Militare della NATO, che nel raccontare la Defence and security readiness roadmap (NATO) sottolinea le esigenze di “passare da approccio ‘parrocchiale’ quello a professionale multidimensionale, dal need-to-know al neded-to-share, rompendo i silos ideologici di tutte le Forze Armate, senza dimenticare la dimensione subacquea, “che è diventato un teatro fondamentale della competizione geopolitica”.
A tal proposito si ricorda la creazione del nuovo polo nazionale della Dimensione subacquea, che rappresenta, un modello vincente di partenariato pubblico-privato” come affermato ha affermato dalla sua presidente Roberta Pinotti.














