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DeepSeek, le conseguenze geopolitiche dell’IA cinese



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Oltre alla questione della privacy, DeepSeek appare come un nuovo strumento modellato per diffondere la narrativa del Partito comunista cinese (Pcc) e alterare la percezione globale su questioni sensibili, a vantaggio delle strategie di sorveglianza e di propaganda di Pechino

Pubblicato il 7 feb 2025

Tommaso Diddi

Analista Hermes Bay



DeepSeek, le conseguenze geopolitiche dell'IA cinese

DeepSeek, il chatbot di intelligenza artificiale sviluppato in Cina, sta sollevando allarmi a livello globale per i rischi geopolitici legati alla sua diffusione.

Numerosi governi e istituzioni hanno deciso di limitarne o vietarne l’uso, temendo che i dati degli utenti possano essere sfruttati a vantaggio delle strategie di sorveglianza e di propaganda di Pechino. In particolare, Australia e Sud corea stanno bloccando l’IA cinese per motivi di sicurezza nazionale.

Oltre alla questione della privacy, DeepSeek appare come un nuovo strumento nella guerra dell’informazione, modellato per diffondere la narrativa del Partito comunista cinese (Pcc) e alterare la percezione globale su questioni sensibili.

La reazione di governi e autorità di regolamentazione

L’ascesa fulminea di DeepSeek ha attirato milioni di utenti, affascinati dalle sue capacità avanzate di elaborazione del linguaggio naturale. Ma altrettanto rapida è stata la reazione di governi e autorità di regolamentazione che hanno individuato nel chatbot una minaccia alla sicurezza nazionale e alla stabilità dell’informazione.

La sua programmazione, basata su modelli di intelligenza artificiale addestrati con dati attentamente selezionati all’interno della sfera d’influenza cinese, mostra chiari segnali di allineamento con la propaganda di Stato.

L’azienda che sviluppa DeepSeek è obbligata per legge a condividere informazioni con le autorità cinesi, una caratteristica comune a tutte le imprese tecnologiche del Paese.

Ciò significa che ogni interazione con il chatbot potrebbe potenzialmente alimentare le capacità di sorveglianza di Pechino, fornendo dati utili per analisi geopolitiche, strategie di influenza e operazioni di intelligence.

L’intervento del Garante della privacy italiano

Il primo campanello d’allarme è suonato in Italia, dove il Garante della privacy ha avviato un’indagine su DeepSeek per verificarne la conformità al GDPR, il regolamento europeo sulla protezione dei dati.

Le autorità hanno chiesto chiarimenti sulla localizzazione dei server, sull’uso delle informazioni raccolte e sulla possibilità che queste vengano trasferite in Cina.

La mancata trasparenza di DeepSeek ha portato alla rimozione delle sue applicazioni dagli store digitali italiani, segnando uno dei primi casi di blocco istituzionale contro l’IA cinese in Europa.

Il ministero degli Affari Digitali ha dichiarato che DeepSeek rappresenta un rischio diretto per la sicurezza nazionale, dato il potenziale accesso a dati sensibili.

Taiwan non fa sconti

Dall’altra parte del mondo, Taiwan ha reagito con ancora più durezza. Il governo dell’isola ha vietato l’uso di DeepSeek negli uffici pubblici e nelle scuole, dichiarando apertamente che il chatbot rappresenta un rischio per la sicurezza nazionale.

La sua capacità di raccogliere dati e modellare la narrazione sui temi più sensibili – come l’indipendenza di Taiwan o le tensioni nel Mar Cinese Meridionale – ha fatto scattare l’allarme a Taipei. Per un Paese che da anni deve difendersi dalla pressione di Pechino, DeepSeek è visto come un’arma digitale nelle mani del Partito comunista cinese.

La reazione statunitense

Negli Usa, la reazione è stata altrettanto netta. Il Congresso ha emesso un avviso al personale della Camera dei Rappresentanti, mettendo in guardia contro il possibile utilizzo di DeepSeek come veicolo per attacchi informatici. L’ufficio amministrativo ha segnalato la presenza di minacce legate alla diffusione di malware attraverso il chatbot, evidenziando il pericolo che esso possa essere sfruttato da hacker e agenti ostili per compromettere dispositivi governativi.

Il Texas ha adottato misure ancora più drastiche, vietando completamente l’uso di chatbot cinesi nei dispositivi governativi. Anche la Marina degli Stati Uniti ha imposto restrizioni rigorose, impedendo ai propri membri di accedere a DeepSeek sia per scopi lavorativi che personali.

L’ordine è stato esteso al Pentagono, dove l’Agenzia per i Sistemi IT della Difesa ha bloccato l’accesso alla piattaforma in risposta all’utilizzo non autorizzato da parte di alcuni dipendenti. Solo tramite piattaforme appositamente controllate è ancora possibile interagire con l’IA cinese.

Anche la Nasa ha seguito una linea simile, vietando l’uso di DeepSeek nei propri sistemi e dispositivi. L’ente spaziale ha chiarito che nessun dipendente è autorizzato a interagire con l’intelligenza artificiale cinese, temendo possibili fughe di dati sensibili legati alla ricerca aerospaziale e alle missioni internazionali.

Questo tipo di restrizioni riflette una preoccupazione più ampia su come la Cina stia utilizzando l’intelligenza artificiale per consolidare la propria influenza geopolitica e raccogliere informazioni preziose dai suoi rivali.

La risposta australiana e sud coreana

Australia e Corea del Sud sono tra i paesi asiatici che stanno dando un giro di vite a DeepSeek, limitando l’uso dei suoi modelli da parte dei governi a causa di problemi di sicurezza.

L’Australia ha seguito una strategia simile ad altri Paesi, bandendo DeepSeek da tutti i sistemi governativi.

Le autorità hanno espresso preoccupazioni per la sicurezza informatica e la possibile trasmissione di dati sensibili a entità controllate dal governo cinese.

Anche in Corea del Sud sono state adottate misure precauzionali, con il ministero dell’Industria che ha temporaneamente vietato l’accesso al chatbot per i dipendenti pubblici. Si tratta di una risposta coerente con la politica del Paese, già in allerta per l’influenza cinese nel settore tecnologico.

I rischi legati a DeepSeek

A rendere DeepSeek particolarmente pericoloso non è solo il rischio legato alla raccolta di dati, ma anche la sua capacità di influenzare il discorso pubblico. Secondo un’indagine di NewsGuard, il chatbot tende a ripetere e amplificare la propaganda cinese su questioni geopolitiche fondamentali. Dalle tensioni su Taiwan alla repressione degli Uiguri nello Xinjiang, DeepSeek propone versioni dei fatti allineate con la narrazione ufficiale di Pechino.

La sua programmazione gli impedisce di fornire risposte imparziali su eventi storici come il massacro di Piazza Tiananmen o le proteste di Hong Kong, contribuendo così a distorcere il dibattito globale.

Questo aspetto lo rende uno strumento efficace per la guerra dell’informazione, con un impatto potenzialmente devastante sulla percezione della realtà da parte degli utenti.

L’uso dell’intelligenza artificiale per scopi di propaganda non è una novità, ma DeepSeek segna un’evoluzione significativa nel campo della manipolazione dell’informazione. Con milioni di utenti attivi e una diffusione rapida nei mercati internazionali, il chatbot rappresenta una sfida senza precedenti per le democrazie occidentali. La risposta dei governi, che si stanno muovendo rapidamente per limitare il suo utilizzo, dimostra la crescente consapevolezza del pericolo rappresentato da questa tecnologia.

Tuttavia il problema non riguarda solo DeepSeek: il caso di questo chatbot evidenzia una questione più ampia sulla regolamentazione e il controllo delle IA in un contesto geopolitico sempre più teso.

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