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Data breach OpenAI e Mixpanel: quando il rischio nella supply chain diventa realtà



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Il breach che ha coinvolto OpenAI e il suo fornitore di analytics Mixpanel dimostra che la sicurezza, anche nell’era dell’AI, passa dalla fiducia e dalla trasparenza tra persone, partner e fornitori. Ecco il ruolo del TPRM (Third Party Risk Management) per trasformare questi obblighi in una strategia proattiva

Pubblicato il 11 dic 2025

Jim Biniyaz

CEO & Co-Founder ResilientX Security



NIS2 Enisa sicurezza supply chain; Il valore umano del TPRM: quando la fiducia nella supply chain è messa alla prova

L’incidente di sicurezza che ha coinvolto OpenAI e il suo fornitore di analytics Mixpanel nel novembre 2025 rappresenta una cartina di tornasole per il settore tecnologico e per chi si occupa ogni giorno, spesso nell’ombra, di proteggere dati e reputazione aziendale.

La storia, apparentemente tecnica, è in realtà profondamente umana: dimostra che la sicurezza, anche nell’era dell’AI, passa dalla fiducia e dalla trasparenza tra persone, partner e fornitori.

Il breach: un caso di attacco alla supply chain “umano”

OpenAI, nella piena trasparenza che da sempre caratterizza la sua comunicazione, ha notificato a fine novembre una violazione dei metadati contenenti nomi, indirizzi email e identificativi di alcuni utenti della piattaforma API.

Nessun dato critico come contenuti, chiavi API o informazioni finanziarie è stato esposto. Tuttavia l’incidente, originato da una campagna sofisticata di smishing ai danni di dipendenti Mixpanel, ha messo in discussione molte delle certezze della sicurezza cloud moderna.

L’attaccante, sfruttando debolezze esclusivamente umane, ha dimostrato quanto la gestione del rischio di terze parti debba essere innanzitutto consapevolezza culturale e non solo esercizio di compliance.

Le vittime, questa volta, non sono state i sistemi, ma la rapidità, o lentezza, delle reazioni umane all’inganno.

Supply chain e rischio “a cascata”: i numeri dell’attacco

Non è la prima volta che un attacco a un fornitore cloud impatta centinaia di realtà, ma il caso Mixpanel si distingue per l’efficace segmentazione dei dati e per la risposta coordinata.

La compromissione si è limitata a informazioni di profilazione “indiretta”: nessun contenuto delle chat, nessuna password né dati di pagamento.

Tuttavia, anche solo il nome associato a un’email e a un ID organizzazione offre materiale per campagne di phishing mirato, social engineering evoluto e nuove preoccupazioni per la privacy.

Incidenti simili, come quelli che hanno coinvolto Salesforce via Salesloft Drift o
Gainsight, mostrano un pattern ricorrente: la forza della catena di sicurezza è pari a quella dell’anello più debole, spesso rappresentato da terze parti strategiche, integrate tramite API o token condivisi.

Lato umano: obblighi legali e TPRM come cultura

La risposta all’incidente, che OpenAI ha provveduto a segnalare pubblicamente in tempi rapidi dopo aver ricevuto i dettagli da Mixpanel, ha seguito i protocolli obbligatori imposti dalle normative sulla privacy, come il GDPR, il Regolamento generale sulla protezione dei dati, che richiedono notifiche tempestive entro 72 ore dalla scoperta della violazione e comunicazioni a tutti i potenziali interessati, inclusi clienti non confermati nel dataset.

In questo contesto, il Third Party Risk Management (TPRM), ovvero la gestione del rischio legato a fornitori e partner terzi, diventa uno strumento decisivo per proteggere la sicurezza informatica delle aziende, anticipando gli impatti a valle e contenendo i danni per utenti e organizzazioni coinvolte.

Adottando il TPRM come framework e non solo come strumento, significa:

  • due diligence approfondita prima (e dopo) la firma del contratto;
  • clausole di notifica incidenti chiare e vincolanti, con diritto di audit e revisione delle policy;
  • monitoraggio continuo della postura dei fornitori, tramite piattaforme automatiche, ma anche visione trasparente e relazioni consolidate;
  • incident response testato e condiviso, per revocare accessi e notificare utenza in tempi utili.

In questo contesto, l’interruzione immediata dell’integrazione e l’audit sui dati esposti diventano passi obbligatori, ma è il TPRM a trasformare questi obblighi in una strategia proattiva che preserva la fiducia verso clienti e partner, riducendo l’impatto emotivo e operativo di un breach.

Il ruolo della minimizzazione dati e delle policy etiche

Un elemento su cui i responsabili della sicurezza dovranno riflettere riguarda la minimizzazione dati: è necessario inviare all’analytics ogni campo PII?

Le best practice future dovranno passare per anonimizzazione e pseudonimizzazione a monte, uso di hash e identificativi “proxy”, e una costante attenzione agli obblighi GDPR.

Il dibattito emerso dopo l’incidente apre la strada a una postura più etica, in cui la scelta dei dati da condividere con fornitori sarà sempre più trasparente e più ponderata.

Le soluzioni tecnologiche dovranno essere integrate da policy aziendali che pongano il rispetto della privacy tra i valori fondanti, a prescindere dalla dimensione del partner o dal suo livello di digitalizzazione.

Verso un TPRM più umano, tra tecnologia e consapevolezza

L’incidente OpenAI-Mixpanel, pur non avendo causato danni irreparabili, lascia in eredità lezioni preziose. Innanzitutto una: il Third Party Risk Management, se vuole essere davvero efficace, deve essere progettato intorno alle persone.

Serve:

  • formazione continua e mirata sui rischi di social engineering anche per i partner;
  • anticipazione dei “peggiori scenari” nella supply chain, con piani di risposta condivisi;
  • adozione di architetture Zero Trust e MFA resistenti al phishing per limitare l’impatto di potenziali compromissioni.

Il rischio nella supply chain non si può mai annullare, ma può diventare “gestibile” se la risposta è sistemica, trasparente e soprattutto empatica.

Questo episodio ci ricorda che i migliori sistemi di sicurezza nascono dalla collaborazione: tra tecnologie, tra processi, e soprattutto tra persone.

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