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Prepararsi alle emergenze per garantire la resilienza di imprese e PA: ecco come

Il recente blocco dei servizi mail offerti da Libero e Virgilio ha confermato come sia fondamentale, per tutte le organizzazioni, che i servizi forniti da sistemi informativi siano resilienti, cioè in grado di operare efficacemente senza eccessive interruzioni. La “pianificazione di emergenza” supporta questa necessità. Vediamo in che modo

Pubblicato il 01 Feb 2023

Giuseppe Alverone

Consulente e formatore Privacy. DPO certificato UNI 11697:2017

Prepararsi alle emergenze per la resilienza aziendale

Nel contesto socio-economico globale – sostanzialmente data driven e sempre in progressivo continuo cambiamento – i sistemi informativi sono elementi vitali per la quasi totalità dei processi aziendali e risultano davvero essenziali per il successo di un’organizzazione.

Pertanto, è fondamentale che i servizi forniti da questi sistemi siano sempre in grado di operare efficacemente senza eccessive interruzioni. In una parola, oggi, ogni organizzazione pubblica o privata, per funzionare, deve essere resiliente. Un’utile lezione che impariamo anche dal disservizio che per alcuni giorni ha impedito agli utenti di Libero Mail e Virgilio Mail di accedere alle proprie caselle di posta elettronica.

Libero Mail sta tornando online, ma intanto è comparso un data leak di 500mila account: cosa sappiamo

La resilienza fattore chiave del successo di un’organizzazione

Il termine resilienza deriva dal latino resilire[1], composto da re+salire=“saltare”; si usava nel significato di “ritornare indietro”, e quindi, per estensione, anche “ritirarsi”, “contrarsi”. Veniva, e tuttora viene, utilizzato nella tecnologia dei materiali per indicare la proprietà/capacità dei materiali di “resistere agli urti senza spezzarsi”.

In seguito, il termine è stato utilizzato anche in psicologia per indicare la capacità delle persone di resistere ai traumi, agli “urti della vita”.

Oggi viene utilizzato diffusamente in ogni contesto e nell’ambiente socio-economico, in particolare, sta ad indicare la capacità di un’organizzazione di adattarsi e riprendersi rapidamente da eventuali impatti che eventi esterni o interni possano avere sulle attività dell’organizzazione stessa.

L’obiettivo di una organizzazione resiliente è, quindi, quello di continuare a sviluppare le funzioni definite critiche/essenziali (i.e. quelle necessarie a realizzare la missione organizzativa) in ogni momento, nonostante qualsiasi tipo di interruzione.

Per poter essere davvero resilienti, le organizzazioni devono lavorare continuamente, per adattarsi ai cambiamenti e ai rischi che possono influire sulla loro capacità di continuare a sviluppare le funzioni critiche.

La gestione del rischio, la pianificazione della continuità operativa e l’attività di gestione delle emergenze possono essere implementate anche in modo integrato all’interno di un’organizzazione come componenti di un programma di resilienza.

Pianificazione di emergenza, necessario supporto della resilienza

La pianificazione di emergenza supporta questo requisito stabilendo piani, procedure e misure tecniche approfonditi che possono consentire a un sistema di essere ripristinato nel modo più rapido ed efficace possibile, in seguito ad un’interruzione del servizio.

Utili e preziose indicazioni per predisporre una pianificazione di emergenza sono contenute nelle Linee Guida NIST Special Publication 800-34 Rev. 1, rivolto alle organizzazioni federali USA. Questo documento fornisce utilissime indicazioni e raccomandazioni per predisporre un Piano di emergenza dei sistemi informativi (c.d. ISCP: Information System Contingency Plans). Ne riportiamo, di seguito, alcune appositamente scelte in modo mirato e selettivo.

I diversi approcci della pianificazione di emergenza

La pianificazione di emergenza è unica per ogni sistema e fornisce specifiche misure preventive, strategie di ripristino e considerazioni tecniche, adeguate ai requisiti di riservatezza, integrità e disponibilità delle informazioni di ogni sistema.

La pianificazione di emergenza del sistema informativo si riferisce a una strategia coordinata che coinvolge piani, procedure, e misure tecniche che consentono il ripristino di sistemi informativi, operazioni e dati dopo una interruzione del servizio erogato.

La pianificazione di emergenza generalmente include uno o più dei seguenti approcci, funzionali a ripristinare i servizi interrotti:

  1. ripristino dei sistemi informativi, utilizzando apparecchiature alternative;
  2. sviluppo di alcuni o di tutti i processi aziendali “interrotti”, utilizzando mezzi “manuali” alternativi non automatizzati (tipicamente accettabili solo per interruzioni a breve termine);
  3. ripristino delle operazioni dei sistemi informativi in un sito alternativo (tipicamente accettabile solo per interruzioni a lungo termine o che abbiano un impatto fisico sulla struttura); e
  4. implementazione di adeguati controlli di pianificazione di emergenza basati sul livello di impatto sulla sicurezza del sistema informativo.

Una pianificazione di emergenza efficace inizia con lo sviluppo di una policy di pianificazione di emergenza dell’organizzazione e con la sottoposizione di ogni sistema informativo ad una business impact analysis (c.d. BIA).

Questi primi adempimenti agevolano la pianificazione e la definizione delle strategie per minimizzare le perdite.

Garantire risposta, recupero e continuità operativa

Le citate linee guida del NIST precisano che la pianificazione di emergenza di un sistema informativo, se da un lato comprende un’ampia gamma di attività progettate per sostenere e ripristinare i servizi critici del sistema, a seguito di un evento di emergenza, dall’altro costituisce soltanto un segmento di uno sforzo di gestione della sicurezza e delle emergenze molto più ampio che include:

  1. l’organizzazione e la continuità dei processi aziendali;
  2. la pianificazione del ripristino di emergenza;
  3. la gestione degli incidenti.

In definitiva, un’organizzazione dovrebbe utilizzare una suite di piani per preparare adeguatamente le attività di risposta, recupero e continuità dell’organizzazione, in seguito alle interruzioni che possono interessare i sistemi informativi, i processi aziendali, il personale, e la struttura.

Atteso che esiste una relazione intrinseca tra un sistema informativo e il processo aziendale che lo stesso sistema informativo supporta, ci deve essere coordinamento tra ogni piano durante la “messa a terra” al fine di garantire che le strategie di ripristino e le risorse di supporto non si annullino a vicenda e che gli sforzi non vengano duplicati.

La pianificazione della continuità e la pianificazione di emergenza sono componenti fondamentali della gestione delle emergenze e della resilienza organizzativa, e sono spesso confuse nella loro funzione e nel loro utilizzo.

In generale, bisogna dire che non sono state rese disponili definizioni universalmente accettate per la pianificazione di emergenza del sistema informativo e per le relative, contigue, aree di pianificazione. Occasionalmente, questo porta a confusione per quanto riguarda l’ambito effettivo e lo scopo dei vari tipi di piani.

In tale quadro, allo scopo di fornire una base comune di comprensione, le linee guida del NIST identificano diversi tipi di piani e descrivono il loro scopo e la loro portata in relazione alla pianificazione di emergenza del sistema informativo.

Esaminiamoli di seguito.

Il piano di continuità aziendale (c.d. BCP: Business Continuity Plan)

Il piano di continuità aziendale (c.d. BCP: Business Continuity Plan) si concentra sul sostegno dei processi aziendali critici (i.e. funzionali al raggiungimento degli obiettivi di business) durante e dopo un’interruzione del servizio. Esempi di processi aziendali critici sono il processo di gestione del libro paga di un’organizzazione o il processo di erogazione di un servizio al cliente.

Un BCP può essere predisposto:

  1. per singoli processi all’interno di una singola unità organizzativa oppure può indirizzare i processi dell’intera organizzazione;
  2. anche per affrontare solo le funzioni ritenute prioritarie.

Un BCP può essere utilizzato per il recupero a lungo termine in combinazione con il Piano di Continuità Operativa (c.d. COOP Continuity Of Operations Plan).

BCP e COOP hanno lo stesso obiettivo di base: sono predisposti per aiutare l’organizzazione privata o pubblica a tornare ad offrire servizi, come al solito, il più rapidamente possibile.

Invero ci sono alcune differenze tra un BCP e un COOP.

Un BCP è strettamente funzionale al profitto dell’impresa. Il suo scopo principale è recuperare i “centri di profitto” e i processi aziendali critici con la massima urgenza. Un’impresa che funziona per il profitto ha obiettivi di tempo di recupero (i cc.dd. RTO: Recovery Time Objective) molto brevi. Il COOP invece è proprio delle Organizzazioni Pubbliche, essendo finalizzato a recuperare i servizi ai cittadini in tempi brevi. In questo caso l’urgenza potrebbe non essere alta come per le imprese. Questo anche perché gli Enti pubblici non sono esposti al rischio di fallimenti.

Il piano di continuità operativa (COOP: Continuity Of Operations Plan)

Il Piano di Continuità Operativa (COOP: Continuity Of Operations Plan) è predisposto generalmente da un Ente pubblico e si concentra:

  1. sul ripristino delle funzioni essenziali della missione (MEF) di un’organizzazione in un sito alternativo;
  2. sul conseguente svolgimento di tali funzioni per un massimo di 30 giorni prima di tornare alle normali operazioni.

In genere, non sono affrontate in un COOP piccole minacce o interruzioni che non richiedono il trasferimento in un sito alternativo.

Gli elementi standard di un COOP includono:

  1. piani e procedure;
  2. comunicazioni di continuità;
  3. gestione del rischio;
  4. individuazione degli asset, incluse le risorse umane;
  5. bilancio e acquisizione di risorse;
  6. strutture di continuità;
  7. delega di autorità;
  8. test, formazione ed esercitazione.

Il piano di comunicazione in caso di crisi

Le organizzazioni dovrebbero anche predisporre delle procedure standard per le comunicazioni interne ed esterne, nel caso di interruzione del servizio, utilizzando un piano di comunicazione di crisi.

Un piano di comunicazione di crisi in genere:

  1. individua le entità specificamente designate a gestire la comunicazione esterna, rispondendo alle domande o fornendo informazioni al pubblico in relazione all’emergenza,
  2. può anche includere procedure per la diffusione di segnalazioni interne al personale dipendente in merito allo stato dell’incidente nonché modelli per i comunicati stampa da diffondere pubblicamente.

Le procedure del piano di comunicazione in caso di crisi devono essere comunicate ai pianificatori COOP e BCP dell’organizzazione per garantire che solo le dichiarazioni approvate vengano rilasciate al pubblico da parte di persone autorizzate.

Il piano di risposta agli incidenti informatici

Il piano di risposta agli incidenti informatici stabilisce le procedure per affrontare gli attacchi informatici contro i sistemi informativi dell’organizzazione.

Queste procedure sono progettate per consentire al personale addetto alla sicurezza di identificare, mitigare e ripristinare tempestivamente la disponibilità e l’accesso dei dati personali in caso di incidente fisico o tecnico, questo piano può essere incluso come appendice del BCP.

Il piano di disaster recovery (c.d. DRP)

Il Piano di Disaster Recovery (c.d. DRP) si applica a gravi interruzioni del servizio, solitamente fisiche, che negano l’accesso alla infrastruttura principale per un lungo periodo.

Un DRP è un piano progettato per il ripristino, dopo un’emergenza, dell’operatività dell’organizzazione in un sito alternativo. Può supportare un piano BCP o COOP prevedendo il recupero dei sistemi di supporto per i processi aziendali “critici”.

Va precisato che il DRP affronta solo le interruzioni del sistema informativo che richiedono il trasferimento dell’operatività in un sito alternativo.

Il piano di emergenza del sistema informativo (ISCP)

Un piano di emergenza del sistema informativo (c.d. ISCP: Information System Contingency Plan) fornisce procedure stabilite per la valutazione e il ripristino di un sistema in seguito ad un’interruzione dell’operatività. L’ISCP fornisce le informazioni chiave necessarie per il ripristino del sistema, inclusi:

  1. ruoli e responsabilità;
  2. inventario degli asset necessari;
  3. procedure di valutazione;
  4. procedure di recupero;
  5. test.

L’ISCP differisce da un DRP principalmente per il fatto che le procedure per il ripristino del sistema prescindono dal sito o dalla posizione in cui devono essere attuate.

Per cui un ISCP può essere attivato nella posizione corrente del sistema o in un sito alternativo. Il DRP, invece è principalmente un piano specifico che prevede procedure per spostare uno o più sistemi informativi dal luogo in cui si è verificato l’incidente in un luogo alternativo temporaneo.

Il piano di emergenza occupanti (c.d. OEP)

Il Piano di Emergenza Occupanti (c.d. OEP) delinea le procedure di prima risposta per gli occupanti di una struttura in caso di minaccia o incidente alla salute e alla sicurezza del personale, dell’ambiente o della proprietà.

Tali eventi includono un incendio, il rilascio di sostanze chimiche, la violenza sul posto di lavoro o un’emergenza medica.

Un OEP dovrebbe prevedere un rifugio sul posto e a seconda degli eventi le procedure dovrebbero richiedere personale di rimanere all’interno dell’edificio piuttosto che eseguire un’evacuazione.

 

NOTE

  1. Così Maria Vittoria D’Onghia, qui.

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