PRIVACY, LAVORO E SALUTE

Green Pass, sì alla conservazione se richiesta dal lavoratore: ecco come tutelare i dati

Il nuovo quadro normativo in materia di Green Pass che ora prevede la possibilità di consegnarne una copia al proprio datore di lavoro per semplificare i controlli, presenta criticità in merito all’esattezza dei dati e al mancato rispetto del principio di proporzionalità. Ecco le best practice per un corretto trattamento dei dati

Pubblicato il 25 Nov 2021

Anna Cataleta

Senior Partner P4I – Partners4Innovation

decreto green pass

Il nuovo emendamento approvato dal Senato al DL 127/2021 prevede che i lavoratori possano consegnare volontariamente copia dei propri Green Pass ai datori di lavoro: una misura che, nello scenario italiano già scandito da molti interventi legislativi anche in ambito lavorativo mirati ad arrestare il diffondersi del virus SARS-CoV-2, va a sconvolgere le prassi finora adottate.

I datori di lavoro, sia pubblici che privati, hanno infatti recentemente messo in atto gli adempimenti che il Governo ha richiesto venissero implementati dal 15 ottobre al 31 dicembre, fine del termine emergenziale, per il contrasto e il contenimento del virus. Si pensi alla verifica del Green Pass in ambito lavorativo inizialmente mediante VerificaC19 e, successivamente, anche mediante il servizio dell’INPS Greenpass50+ destinato alle aziende con più di 50 dipendenti.

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Le disposizioni previgenti impedivano al datore di lavoro di poter conoscere l’evento sanitario che avesse generato l’ottenimento delle certificazioni verdi nonché conservare tutte le informazioni in esso contenute, ad esempio la scadenza.

La norma prevede la verifica del Green Pass non solo nei confronti dei dipendenti ma amplia la categorie di interessati utilizzando il termine “lavoratore” e spiegando che lo stesso si riferisce a tutti i soggetti che svolgono un’attività lavorativa nei luoghi in cui la predetta attività è svolta ovvero soggetti che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa o di formazione (anche in qualità di discenti) o di volontariato nei luoghi in cui la predetta attività è svolta, anche sulla base di contratti esterni.

L’implementazione di misure di sicurezza tecniche e organizzative per poter gestire tale flusso è stato, soprattutto per il settore privato, dispendioso e non facile da raggiungere.

Al fine di salvaguardare i diritti e le libertà degli interessati, i datori di lavoro devono tener conto sia degli adempimenti previsti in materia di protezione dei dati personali che delle disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

In questi ultimi mesi, i datori di lavoro hanno:

  • predisposto e adottato procedure sulle modalità del controllo;
  • reso l’informativa agli interessati;
  • predisposto nomine a preposto ex artt. 29 del GDPR e 2-quaterdecies del Codice Privacy contenenti le istruzioni operative in merito alle modalità e alla corretta gestione del trattamento;
  • integrato il registro dei trattamenti;
  • conseguito alla contrattualizzazione nonché nomina a responsabile del trattamento dei soggetti terzi cui sono state affidate le verifiche.

Ora arrivano gli adempimenti del nuovo emendamento che, nonostante la segnalazione del Garante al Parlamento e al Governosul Disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 127 del 2021 (AS 2394), in relazione alla possibilità di consegna, da parte dei lavoratori dei settori pubblico e privato, di copia della certificazione verde, al datore di lavoro, con la conseguente esenzione, dai controlli, per tutta la durata della validità del certificato” è stato comunque approvato anche dalla Camera e convertito in legge n. 165/2021 e pubblicato in Gazzetta ufficiale n. 227 (20/11/2021).

ln particolare, la legge di conversione del DL 127/2021 ha modificato l’art 9-septies comma 5 prevedendo «Al fine di semplificare e razionalizzare le verifiche di cui al presente comma, i lavoratori possono richiedere di consegnare al proprio datore di lavoro copia della propria certificazione verde COVID-19. I lavoratori che consegnano la predetta certificazione, per tutta la durata della relativa validità, sono esonerati dai controlli da parte dei rispettivi datori di lavoro».

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I rischi evidenziati dal Garante Privacy

Le criticità rilevate dal Garante nella segnalazione sopra citata riguardano soprattutto una sostanziale elusione delle finalità di sanità pubblica complessivamente sottese al sistema del “Green Pass” in quanto l’assenza di verifiche durante il periodo di validità del certificato non consentirebbe di rilevare l’eventuale condizione di positività sopravvenuta in capo all’intestatario del certificato; un mancato rispetto del principio di esattezza cui deve informarsi il trattamento dei dati personali; un mancato rispetto del principio di proporzionalità cui deve informarsi il trattamento dei dati personali il rischio di una discriminazione sul posto di lavoro a fronte del trattamento di dati personali che consentono al datore di lavoro di venire a conoscenza degli eventi sanitari e delle convinzioni personali dei propri dipendenti (in contrasto con le garanzie sancite non solo dalla disciplina di protezione dati ma anche dalla normativa giuslavoristica – artt. 88 Reg. Ue 2016/679; art. 113 d.lgs. 196 del 2003; artt. .5 e 8 l. n. 300 del 1970; art. 10 d.lgs. n. 276 del 2003).

Secondo il Garante, tale scelta che comporta una conservazione di dati personali, anche sanitari, impone in capo ai datori di lavoro l’adozione di misure tecniche e organizzative adeguate e in grado di arginare il rischio connesso al trattamento, con un non trascurabile incremento degli oneri.

I nuovi adempimenti privacy

Secondo il nuovo dettame normativo il datore di lavoro è tenuto a raccogliere i certificati dei lavoratori che ne fanno richiesta mentre permangono in capo allo stesso datore di lavoro la verifica del Green Pass su tutti coloro che non ne hanno fatto esplicita richiesta nel rispetto delle modalità approvate dal Governo (VericicaC19 e Greenpass50+).

La possibilità per il lavoratore di chiedere di consegnare copia del certificato verde al datore di lavoro consente l’esonero dal controllo giornaliero all’accesso ai luoghi di lavoro dei certificati verdi di coloro che hanno consegnato copia dello stesso al datore di lavoro.

La legge di conversione del D.L. 127/2021 ha previsto inoltre che per i soggetti in somministrazione l’obbligo di verifica della validità del certificato verde in capo all’utilizzatore, mentre il somministratore ha l’onere di informare i lavoratori circa la sussistenza delle prescrizioni vigenti (art. 9-septies come modificato dalla legge di conversione).

Rimane inteso che tale modifica normativa continua a non applicarsi ai visitatori e ai clienti (come previsto fino ad oggi dalle FAQ del Governo). L’esibizione e la relativa conservazione, ove richiesta dal lavoratore, è consentita solamente per lo svolgimento di attività lavorativa o formativa anche in qualità di discenti e non per altri motivi.

Il Titolare del trattamento è tenuto a:

  1. predisporre un modulo di richiesta per la conservazione del Green Pass al fine di comprovare che la scelta sia stata avanzata dal lavoratore;
  2. redigere apposita informativa, da rendere nel momento in cui il lavoratore intenda avanzare la richiesta di conservazione del certificato verde al datore. La finalità del trattamento è la prevenzione dal contagio da Covid-19 in base all’articolo 9-septies del Dl 52/2021, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 giugno 2021, n. 87, come integrato dall’art. 3 del D.L. 21 settembre 2021 n. 127 convertito con modificazioni dalla L. 19 novembre 2021, n. 165. La base giuridica del trattamento è da rinvenirsi nell’adempimento di un obbligo legge;
  3. predisporre (o aggiornare) nomina a soggetto autorizzato ai sensi degli artt. 29 del GDPR e 2-quaterdecies del Codice Privacy;
  4. predisporre (o aggiornare) nomina a responsabile del trattamento qualora tali attività di verifica vengano esternalizzate a soggetti diversi dal titolare;
  5. aggiornare il registro dei trattamenti;
  6. effettuare una valutazione in merito alle misure di sicurezza da adottate per la conservazione delle certificazioni verdi nonché misure tecniche e organizzative che consentano di poter fare affidamento sulla correttezza delle informazioni del Green Pass (aggiornamento dei dati), anche mediante un controllo a campione dei certificati consegnati dai lavoratori;
  7. valutare la necessità di effettuare una valutazione di impatto (DPIA).

Un punto di attenzione attiene alla scadenza delle certificazioni verdi. Infatti, per i lavoratori del settore privato la scadenza della validità della certificazione verde COVID-19 in corso di prestazione lavorativa non dà luogo a sanzioni. In tali casi la permanenza del lavoratore sul luogo di lavoro è consentita esclusivamente per il tempo necessario a portare a termine il turno di lavoro.

Conclusioni

Ciò che preoccupa in relazione al nuovo quadro normativo è il tema relativo all’esattezza dei dati, criticità sollevata anche dal Garante nella segnalazione.

Infatti, nonostante il datore di lavoro possa procedere a controlli a campione sui certificati verdi consegnati, ciò non consente di avere certezza della loro costante validità.

Prevedere un controllo periodico sui Green Pass raccolti dai dipendenti potrebbe determinare un eccessivo sforzo organizzativo che farebbe venir meno il sistema di semplificazione adottato.

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