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Accountability oltre il perimetro NIS 2: guida alla necessaria documentazione delle scelte



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Un aspetto fondamentale nell’applicazione della NIS 2 riguarda l’accountability delle organizzazioni che si autovalutano come escluse dagli obblighi imposti dalla direttiva. Ecco un esempio pratico di come formalizzare tali decisioni e come favorire una gestione responsabile, anche in caso di decisioni “in negativo”

Pubblicato il 29 ott 2024

Giuseppe Alverone

Consulente e formatore Privacy e Cybersecurity. DPO certificato UNI CEI EN 17740:2024

Monica Perego

Consulente, Formatore Privacy & DPO



Accountability perimetro NIS 2

Nel contesto della cyber security e della protezione delle infrastrutture critiche, la Direttiva NIS 2 rappresenta un caposaldo, avendo introdotto nuovi e rigorosi standard per la sicurezza delle reti e dei sistemi informativi.

Il D.lgs. 138/2024 che l’ha recepita ha definito in modo chiaro le tempistiche e gli obblighi per le organizzazioni che rientrano nel perimetro normativo. Ma cosa accade quando un’azienda, pur essendo potenzialmente inclusa in tale perimetro, ritiene di non esserne soggetta?

L’autovalutazione e la conseguente decisione di escludersi dall’applicazione della normativa devono essere affrontate con la stessa attenzione e serietà riservata alle decisioni di inclusione. In questo quadro, l’accountability si estende anche alla formalizzazione delle decisioni “in negativo”, le quali potrebbero rivelarsi strategiche in occasione di eventuali ispezioni future.

Autovalutazione e autocertificazione: un’accountability necessaria

Sebbene non esplicitamente richiesto dalla normativa, un’azienda che decide di autovalutarsi come non soggetta alla NIS 2 dovrebbe comunque documentare formalmente tale scelta.

Questo può essere realizzato mediante un atto ufficiale del Consiglio di Amministrazione il quale costituisce una prova tangibile della consapevolezza della dirigenza riguardo ai rischi e alle opportunità derivanti dall’applicazione, o dalla mancata applicazione, della direttiva.

Un simile documento non solo dimostra che l’organizzazione ha condotto una riflessione approfondita sulla propria posizione rispetto al decreto, ma rappresenta anche un esempio di trasparenza e accountability, utile in eventuali fasi di controlli o ispezioni.

Esempio di atto del Consiglio di Amministrazione

Come è noto, gli organi di amministrazione e direttivi delle aziende soggette al D.Lgs. 138/2024, sono tenuti, ai sensi dell’articolo 23, a formalizzare mediante un atto l’approvazione del piano di implementazione delle misure previste.

Tuttavia, le aziende che, a seguito di analisi interne, riconoscono di non rientrare nel perimetro di applicazione della NIS 2, possono – o meglio: dovrebbero – redigere un atto del Consiglio di Amministrazione (CdA) che illustri le motivazioni di questa scelta. Tale atto dovrebbe contenere:

  1. un riepilogo delle analisi effettuate: una descrizione dettagliata delle valutazioni condotte, che includa gli aspetti – quali la natura delle attività svolte, le dimensioni aziendali e il volume di fatturato – che hanno portato alla conclusione che l’azienda non rientri tra quelle soggette alla normativa;
  2. una motivazione della decisione: le ragioni specifiche per cui l’organizzazione ritiene di non essere soggetta agli obblighi della NIS 2, con particolare riferimento ai parametri chiave definiti dalla normativa, come il numero di dipendenti, il settore di appartenenza e il fatturato;
  3. un piano di rivalutazione periodica: nonostante l’esclusione attuale, è fondamentale prevedere una verifica periodica dei parametri aziendali, quali il numero di dipendenti o il volume di fatturato. Questo garantirà che, in caso di cambiamenti significativi (come fusioni, acquisizioni o crescita organica, estensione del perimetro del business,), l’organizzazione possa rivalutare la propria posizione rispetto all’applicazione della NIS 2.

L’obiettivo di tale atto è garantire un approccio trasparente e responsabile, dimostrando che l’azienda è consapevole della propria posizione rispetto alla normativa e pronta ad adeguarsi qualora le circostanze lo richiedano.

Di seguito si propone un modello di verbale.

Il caso delle aziende “borderline”

Esistono aziende che si trovano in una posizione borderline rispetto ai requisiti della Direttiva NIS 2. Un esempio comune è costituito da imprese con più di 50 dipendenti e un fatturato superiore ai 10 milioni di euro, come quelle che operano nel settore della distribuzione alimentare.

Tuttavia, la normativa utilizza il termine “distribuzione all’ingrosso” in maniera ambigua, senza chiarire se si riferisca esclusivamente alla commercializzazione o anche ad altre attività correlate.

L’ambiguità, in questo caso, nasce dal fatto che il D.Lgs. 138/2024, nell’Allegato II, include tra i settori critici, alla voce “4. Produzione, trasformazione e distribuzione di alimenti, anche le “Imprese alimentari, come definite all’articolo 3, punto 2), del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, che si occupano della distribuzione all’ingrosso e della produzione industriale e trasformazione”.

Tuttavia, l’articolo 3, punto 2), del regolamento (CE) n. 178/2002 definisce “impresa alimentare”, “ogni soggetto pubblico o privato, con o senza fini di lucro, che svolge una qualsiasi delle attività connesse a una delle fasi di produzione, trasformazione e distribuzione degli alimenti”.

Le due definizioni, come appare evidente, non sono perfettamente sovrapponibili, generando così possibili ambiguità.

In questi casi, è consigliabile che l’organo di governo rediga un atto formale, nel quale espliciti in modo dettagliato le motivazioni per cui l’azienda ritiene di non essere soggetta agli obblighi previsti dal decreto.

L’importanza di monitorare costantemente la conformità

La verifica della conformità alla NIS 2 non può essere considerata un’attività da eseguire una sola volta. Le organizzazioni che operano in settori a rischio devono adottare un approccio proattivo e dinamico, monitorando costantemente i parametri aziendali che potrebbero influenzare l’applicabilità della normativa.

Il superamento delle soglie di fatturato o del numero di dipendenti richiede una revisione immediata della conformità e l’adeguamento delle politiche di cybersecurity. Analogamente, l’estensione delle attività impone un’analisi puntuale della conformità.

Un esempio è quello di un’organizzazione con un fatturato superiore a 10 milioni di euro, che attualmente produce integratori alimentari. A seguito di un ampliamento del proprio business, e dopo aver ottenuto tutte le autorizzazioni necessarie, avvia la produzione di alimenti, sfruttando le similitudini tra i due processi produttivi.

Di conseguenza, la verifica del vincolo di applicazione della NIS 2 non è un processo “one shot”, ma deve essere ripetuta con regolarità nelle aziende.

Infine, non bisogna trascurare le aziende che, pur non rientrando direttamente nel perimetro della NIS 2, sono fornitori di organizzazioni soggette alla normativa. Queste imprese dovrebbero considerare l’opportunità di applicare, in tutto o in parte, le disposizioni del decreto, sia su indicazione dei propri clienti, sia come strategia per qualificarsi meglio sul mercato.

Questa situazione, pur differente rispetto ai casi precedenti, merita un’attenta valutazione da parte di tali aziende.

Conclusioni

Con questo articolo abbiamo voluto sottolineare che l’accountability non si limita alle aziende obbligate a conformarsi alla NIS 2, ma si applica anche a quelle che, a ragion veduta, decidono di escludersi dal suo perimetro o più in generale riconoscono che alla data del 17 ottobre 2024 non rientranti nel perimetro.

Documentare tali scelte tramite atti formali del Consiglio di Amministrazione non solo offre protezione legale contro possibili sanzioni, ma rappresenta anche una dimostrazione di gestione consapevole e responsabile.

In un contesto in cui la sicurezza delle informazioni è fondamentale, anche le decisioni “in negativo” devono essere affrontate con la massima trasparenza e attenzione.

Non si tratta solo di adempiere alla normativa, ma di coltivare una cultura della responsabilità che superi i semplici obblighi giuridici.

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