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La strada per l’inferno è lastricata di pessime semplificazioni



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Semplificare la complessità normativa dei mercati digitali è un intento nobile, ma cedere alla deregulation rischia di erodere le tutele fondamentali cui determinati impianti regolatori provvedevano. Motivo per cui ci sono molti dubbi sulla proposta di semplificazione della Commissione UE, sia per l’efficacia che per il costo in termini di diritti per i cittadini

Pubblicato il 14 nov 2025



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Credits to: Stefano Gazzella – https://www.linkedin.com/in/stefano-gazzella/

Si dice che a pensar male si faccia peccato. Non ci sono esimenti né attenuanti nel caso in cui il pensiero riguardi contesti digitali o legislazioni a riguardo.

Ma ad essere realisti – cosa che spiace molto a chi indulge in attivismi di convenienza o cavalca facili hype – gli inferni del digitale li stiamo già vivendo.

Nell’Europa che vorrebbe ancora essere Axis Mundi e lo è oramai solo nel racconto di un “effetto Bruxelles”, oggi viviamo il paradosso della convivenza di un’iperregolamentazione degli ecosistemi digitali ed un’erosione continua dei diritti fondamentali di cittadinanza digitale.

Senza scomodare gli eccessi di ChatControl, è sufficiente prendere atto che la nota rana di Chomsky ha trovato nel legislatore europeo i migliori metodi di cottura a bassa temperatura.

I sistemi complessi vivono di contrappesi, ma l’entusiasmo è uno di questi. Eppure, ha giustificato sproporzionate compressioni di diritti fondamentali.

Le migliori intenzioni difficilmente sussistono o permangono però nel momento in cui si tenta di criminalizzare nel dibattito pubblico l’anonimato, la crittografia e2e o il sacrosanto diritto di non volere delle backdoor di Stato.

Quindi possiamo dubitare anche di queste, o altrimenti ammettere che sono carburate da una profonda ignoranza o inconsapevolezza circa la conseguenza di determinate scelte di alto livello che attentano all’integrità dei diritti fondamentali.

Dopodiché, certamente Semplificare la complessità è possibile, ma sacrificare una visione di sistema e partizionare degli interventi, o celebrare solo l’eliminazione di determinate norme o vincoli, significa voler vivere – o vendere – un’illusione.

Nel principio di progettazione KISS – Keep It Simple, Stupid – se incoraggia a far qualcosa di utile ma facile, non di inutile e stupido. Il che comprende anche qualcosa di cui prevedibilmente potremmo pentirci.

Semplificazione o deregulation?

L’esempio della proposta “Digital Omnibus” è emblematico perché con la semplificazione si rischia di smantellare un impianto di tutele concrete, nell’illusione di un futuro che appartiene più all’ombra del desiderio che alla concretezza di una realizzazione possibile.

Regole che poi devono trovare azioni di enforcement, soprattutto nei confronti delle Big Tech che, come nell’esempio di Apple e il governo cinese, vivono senza troppi problemi Splinteret e la gestione della conformità normativa.

Certo, bisogna avere un potere contrattuale che probabilmente l’Europa, limitandosi negli ultimi decenni ad aver ceduto sovranità tecnologica e iniziativa giovandosi del proprio ruolo di recipiente di utenti digitali (consumatori e aziende) altospendenti, scopre di aver gradualmente eroso nel tempo nel dare corso a strategie che vivevano più sulla carta che negli esiti.

Il vecchio continente può dirsi patria dell’amor di retorica in cui la logica cede il passo al convincimento, ed eccoci qua a discutere di semplificazioni e deregulation. Anzi, addirittura a celebrarle.

Peccato però che le complicazioni siano arrivate attraverso una serie di “Act” e ben più ingarbugliate interpretazioni di una CGUE che si è fatta, o così sembra, uno strumento di attuazione politica più che un giudice.

Non sbagliò più di tanto il mugnaio di Brecht nel voler cercare un giudice a Berlino e non a Lussemburgo, insomma. Le semplificazioni a seguire sembrano non seguire una strategia, né tantomeno individuano alcun parametro di controllo.

Ma hanno dei costi emergenti e che emergeranno.

Siamo sicuri, infatti, che non si stia semplificando il ruolo della persona e del cittadino digitale, riducendolo ad un mero utente?

O forse è tutto un elaborato cliffhanger verso il prossimo “Act”?

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