Insieme ai nuovi modelli iPhone 17 e iPhone Air, Apple ha presentato una tecnologia di sicurezza che punta a contrastare in modo diretto lo sviluppo e l’utilizzo di spyware e strumenti di sorveglianza.
La funzione, denominata Memory Integrity Enforcement (MIE), interviene su una delle categorie di vulnerabilità più sfruttate dagli attori malevoli: i bug di corruzione della memoria.
L’iniziativa si inserisce in un contesto in cui i produttori di mercenari digitali e i fornitori di exploit per le forze di polizia hanno costruito intere catene di attacco, proprio a partire da tali debolezze, replicando approcci già osservati su sistemi Windows e Android.
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La funzione di Apple anti spyware sui nuovi iPhone 17 ed Air
I bug di corruzione della memoria rientrano in una vasta categoria di vulnerabilità che comprendono buffer overflow, use-after-free e accessi fuori dai limiti di un’area allocata.
In pratica, errori nella gestione degli indirizzi di memoria consentono a un’applicazione malevola di leggere o scrivere dati in posizioni non autorizzate, con la possibilità di modificare il flusso di esecuzione del programma.
Gli attaccanti sfruttano queste condizioni per iniettare codice arbitrario o per ottenere privilegi più elevati, costruendo catene di exploit che possono condurre all’installazione di spyware o al controllo remoto del dispositivo.
Si tratta di tecniche particolarmente efficaci perché spesso agiscono a livello profondo del sistema, risultando difficili da individuare e da contrastare con le difese tradizionali.
Cos’è la tecnologia Memory Integrity Enforcement (MIE)
MIE si basa su un’evoluzione della tecnologia Memory Tagging Extension (MTE), sviluppata da Arm e potenziata congiuntamente da Apple negli ultimi cinque anni, fino a giungere a una versione avanzata denominata Enhanced Memory Tagging Extension (EMTE).
Apple ha potuto realizzare questa integrazione grazie al controllo completo sul proprio stack tecnologico, dalla progettazione hardware al software.
A differenza di altre implementazioni presenti su dispositivi Android e su sistemi come GrapheneOS, MIE viene abilitata di default a livello di sistema e protegge direttamente componenti strategiche come Safari e iMessage, che in passato sono state bersaglio privilegiato di campagne spyware.
Come funziona MIE
Il principio di funzionamento di MIE consiste nell’assegnare a ciascuna porzione di memoria un tag segreto, assimilabile a una sorta di password univoca.
Solo le applicazioni dotate del tag corretto possono accedere a quell’area. In caso contrario l’operazione viene bloccata, l’applicazione va in crash e l’evento viene registrato.
Questo approccio riduce drasticamente la superficie d’attacco disponibile e rende più probabile che tentativi di sfruttamento non riusciti lascino tracce rilevabili, con potenziali vantaggi per attività di monitoraggio e analisi forense.
Secondo numerosi esperti di sicurezza, MIE potrebbe rendere gli ultimi iPhone tra i dispositivi consumer più resistenti agli attacchi oggi disponibili.
La nuova protezione non elimina la possibilità di compromissione, ma eleva significativamente i costi e i tempi necessari per sviluppare exploit funzionanti. Ciò avrà come conseguenza l’aumento del prezzo delle vulnerabilità zero-day destinate a queste piattaforme, limitandone la disponibilità per gli attori che operano sul mercato delle soluzioni di sorveglianza.
I vantaggi della tecnologia di Apple contro gli spyware
La diffusione di MIE potrebbe avere un impatto rilevante non solo sui tentativi di intrusione remota tramite spyware come Pegasus o Graphite, ma anche sulle tecniche di estrazione fisica dei dati dai dispositivi sequestrati con strumenti forensi quali GrayKey o Cellebrite.
Entrambe le categorie di attacco fanno leva, in misura diversa, su vulnerabilità di memoria per ottenere privilegi elevati e accesso ai dati.
Con l’introduzione di MIE, lo sfruttamento di tali bug diventa meno prevedibile e più rischioso.
I tempi di adozione saranno cruciali
L’efficacia di MIE, tuttavia, non dipende soltanto dalla configurazione iniziale stabilita da Apple.
Per garantire una protezione estesa, anche gli sviluppatori di applicazioni di terze parti dovranno integrare EMTE nelle proprie soluzioni.
Apple ha messo a disposizione strumenti per consentire questo passaggio, ma i tempi di adozione saranno determinanti per valutare l’impatto reale della nuova misura di sicurezza sull’intero ecosistema.
Una nuova partita a scacchi tra chi difende e chi attacca
Le valutazioni degli esperti convergono nel descrivere la situazione come una nuova fase della tradizionale “partita a scacchi” tra chi difende e chi attacca i sistemi digitali.
Da un lato, MIE potrebbe rappresentare un ostacolo significativo per le società che sviluppano spyware su commissione, rallentandone l’attività e in alcuni casi riducendone la sostenibilità economica.
Dall’altro, è plausibile che gli attaccanti cerchino nuove modalità per aggirare il meccanismo o si spostino verso superfici d’attacco meno protette, come applicazioni non aggiornate o scenari che non fanno uso diretto della memoria protetta.
MIE va dunque interpretata come un passo avanti nella riduzione degli exploit basati sulla corruzione della memoria, che secondo molti ricercatori costituiscono ancora oggi la maggioranza delle vulnerabilità sfruttate con successo.
Apple cavalca la tendenza di integrare la security nell’hardware
La strategia adottata da Apple evidenzia un trend più ampio: la progressiva integrazione di funzioni di sicurezza direttamente nell’hardware, con l’obiettivo di rendere sempre più difficile la vita agli sviluppatori di codice malevolo e di strumenti di sorveglianza.
In prospettiva, l’impatto di MIE dipenderà anche dalla diffusione commerciale dei nuovi modelli di iPhone.
Solo con un numero significativo di dispositivi aggiornati sarà possibile ridurre concretamente la disponibilità di bersagli vulnerabili. Parallelamente, l’adozione da parte degli sviluppatori di app di terze parti definirà il grado di protezione complessivo di un ecosistema che rimane tra i più esposti a tentativi di intrusione di alto profilo.
I vendor Android potrebbero emulare Apple nella lotta contro gli spyware
Un ulteriore elemento da considerare riguarda il possibile effetto di emulazione che l’introduzione di MIE potrebbe avere sull’intero settore.
Storicamente, quando un grande produttore adotta soluzioni di sicurezza a livello hardware e le rende disponibili su larga scala, anche altri attori del mercato finiscono per incorporare misure simili nei propri dispositivi.
Ciò potrebbe accelerare la diffusione di tecniche di memory tagging avanzato anche su piattaforme Android e, più in generale, stimolare l’industria a investire in approcci di sicurezza intrinseca, riducendo la dipendenza esclusiva da patch software o aggiornamenti periodici.
Un punto di svolta
Seppure non possa garantire l’immunità assoluta, l’introduzione di MIE segna un punto di svolta.
Da un lato, eleva sensibilmente la soglia tecnica ed economica necessaria per sviluppare exploit efficaci; dall’altro, rafforza la capacità di individuazione degli attacchi grazie ai log e ai crash generati da tentativi falliti.
In un panorama in cui la domanda di strumenti di sorveglianza rimane elevata, la nuova tecnologia non eliminerà la minaccia, ma contribuirà a rendere più costoso e complesso l’accesso illecito ai dati personali.












