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Telecamere contro i furbetti dell’immondizia, ecco perché il Garante privacy ha multato un Comune e due aziende

Sanzioni per 45mila euro a un Comune siciliano e per 10mila e 5mila euro a due aziende: il Garante privacy ha riscontrato violazioni del GDPR nella gestione del sistema di videosorveglianza per contrastare l’abbandono dei rifiuti. Una vicenda che permette di riflettere sul rapporto, talvolta ancora complesso, tra soggetti pubblici e data protection

Pubblicato il 11 Set 2023

Nicoletta Pisanu

Redattrice Cybersecurity360

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Telecamere contro i furbetti dell’immondizia, ma in violazione della normativa sulla protezione dei dati. Il Garante privacy italiano ha multato per 45mila euro un Comune siciliano, sanzionando inoltre due aziende per 10mila e 5mila euro, per aver installato la videosorveglianza al fine di contrastare l’abbandono illecito dei rifiuti senza aver informato i cittadini sulla presenza degli occhi elettronici, della registrazione dei filmati e del trattamento dei dati.

La vicenda offre uno spunto di riflessione sullo stato di consapevolezza di alcune pubbliche amministrazioni relativamente ai temi privacy: “Un esempio lampante di come la PA dimostri un totale disinteresse verso la normativa privacy”, commenta l’avvocato Diego Dimalta.

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Perché il Garante privacy ha sanzionato il Comune siciliano

Per combattere il fenomeno dell’abbandono dei rifiuti, un Comune siciliano aveva incaricato due aziende affinché si occupassero di acquistare, installare ed effettuare la manutenzione di telecamere fisse, ma anche di raccogliere e analizzare i filmati delle eventuali irregolarità individuate.

Tuttavia, un cittadino lamentando di aver ricevuto multe per aver sbagliato a conferire l’immondizia si è rivolto all’autorità e così il Garante privacy ha approfondito la situazione scoprendo non solo che gli accertamenti dell’irregolarità sarebbero avvenuti oltre un mese dopo che i filmati erano stati registrati, ma anche senza che i cittadini avessero ricevuto adeguata informazione sulla presenza stessa della videosorveglianza e sul trattamento dei dati. Il Garante in una nota ha spiegato che il Comune “aveva apposto un cartello direttamente sul cassonetto, non facilmente visibile e per di più privo delle informazioni necessarie”.

Il ruolo delle due società

Non solo. Il Comune “non aveva individuato i tempi di conservazione dei dati e non aveva nominato, prima dell’inizio del trattamento, le due aziende sopracitate quali responsabili del trattamento dati, come previsto dalla normativa privacy. Anche le società dunque operavano in modo illecito, ragion per cui entrambe sono state sanzionate anch’esse”, prosegue l’autorità. Una società ha ricevuto la sanzione di 10mila euro “per non essere mai stata nominata responsabile del trattamento”, l’altra è stata sanzionata per 5mila euro “per essere stata nominata responsabile in ritardo”.

Potenzialmente il trattamento dei dati avrebbe riguardato tutti i residenti del Comune, circa 53mila persone, oltre a non residenti il cui numero non è quantificabile. Il Garante privacy però ha tenuto conto del comportamento non doloso del Comune e delle aziende, oltre alla mancanza di precedenti.

Videosorveglianza e PA, come funziona

Per ottemperare a un obbligo legale, il trattamento di dati personali tramite sistemi di telecamere da parte di pubbliche amministrazioni in via generale è ammesso. Va però ricordato, come ha sottolineato il Garante privacy, che “anche in presenza di una condizione di liceità il titolare del trattamento è in ogni caso tenuto a rispettare i principi in materia di protezione dei dati, fra i quali quelli di liceità, correttezza e trasparenza”.

Particolarmente importante fornire agli interessati tutte le informazioni richieste dal GDPR, in modo che siano accessibili, trasparenti, intellegibili e concise.

Enti pubblici e privacy, perché ci sono ancora difficoltà

Quanto accaduto porta alla luce le difficoltà tuttora persistenti da parte di alcune PA di abbracciare i temi della protezione dei dati: “I motivi sono molteplici, ma questa volta escluderei, come spesso invece accade, di incolpare il basso budget a disposizione del pubblico. Le mancanze evidenziate dal Garante, difatti, sono adempimenti per cui non serviva budget ma solo buon senso”, commenta l’avvocato Dimalta.

Secondo Dimalta, il “disinteresse” da parte di alcuni soggetti pubblici verso tale ambito sarebbe riconducibile a diverse cause: “Uno dei fattori potrebbe essere proprio la sanzione. Già, perché nel privato, la sanzione colpisce immediatamente le tasche di chi sbaglia, mentre nel pubblico, salvo sporadici casi, ciò non avviene”. 

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