Facebook potrebbe essere obbligato, in determinate circostanze, a chiedere agli utenti europei di accettare annunci pubblicitari personalizzati in base al modo con cui interagiscono con le app del social network.
Lo scorso 4 luglio, infatti, la Corte di Giustizia Europea ha emesso una sentenza che possiamo definire storica contro Meta Platforms, secondo la quale le autorità nazionali dei paesi europei potranno valutare una violazione del Regolamento UE 2016/679 o GDPR nell’ambito dell’esame di abuso di posizione dominante.
Una decisione che, evidentemente, potrebbe andare a limitare le modalità di utilizzo dei dati da parte dell’azienda.
Meta, gli utenti europei potranno rifiutare gli annunci mirati: quali impatti
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Come si è arrivati alla sentenza
La sentenza è una conseguenza del ricorso presentato da Meta contro la decisione dell’Oberlandesgericht Düsseldorf, il Tribunale superiore del Land di Düsseldorf, che aveva stabilito di subordinare, nelle condizioni generali, l’uso di Facebook da parte di utenti privati residenti in Germania al trattamento dei loro dati off e di vietare il trattamento di tali dati senza il loro consenso, in quanto la non conformità al GDPR costituisce “uno sfruttamento abusivo della posizione dominante”.
Il nodo del trattamento dei dati “off”
I dati personali off del social network “incriminati” sono dati riguardanti la navigazione degli utenti, pagine web o servizi terzi: raccogliendo queste informazioni, Meta è in grado di personalizzare i messaggi pubblicitari indirizzati agli utenti del suo celebre social network.
Inoltre, alcuni di questi dati sembrano essere riconducibili anche alle categorie particolari di dati personali (GDPR Art. 9).
Investito dal ricorso su tale decisione, il Tribunale tedesco, tramite il rinvio pregiudiziale, ha chiesto alla Corte di Giustizia se le autorità nazionali garanti della concorrenza possano controllare la conformità al GDPR, oltre ad alcune domande in merito all’interpretazione e all’applicazione di alcune disposizioni contenute nel regolamento.
Come si ricorderà, il rinvio pregiudiziale consente ai giudici degli Stati membri, nell’ambito di una controversia della quale sono investiti, di interpellare la Corte di Giustizia Europea in merito all’interpretazione del diritto dell’Unione o alla validità di un atto dell’Unione; la Corte non risolve la controversia nazionale, e spetta poi al giudice nazionale risolvere la causa.
La corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la sentenza di ieri, ha confermato la possibilità, sia per la Germania che per gli altri 26 membri dell’Unione, di chiedere la revisione del modello di business di Meta, come di altre aziende analoghe, in caso di violazione della privacy e della protezione dei dati degli utenti.
Si legge nella sentenza: “La Corte osserva che nell’ambito dell’esame di un abuso di posizione dominante da parte di un’impresa può risultare necessario che un’autorità garante della concorrenza dello stato membro interessato esamini anche la conformità del comportamento di tale impresa secondo norme diverse a quelle del diritto alla concorrenza, quali le norme previste dal GDPR”.
Questo non significa che le autorità nazionali antitrust si potranno sostituire a quelle della protezione dei dati: come la Corte afferma, è necessario una “cooperazione leale” tra le diverse Autorità.
Il consenso deve essere sempre libero e consapevole
Per quanto riguarda la prestazione del consenso, la sentenza ribadisce quanto la posizione dominante dell’azienda può fortemente influenzare la libertà del consenso degli utenti, e sarà compito del titolare del trattamento, ovvero di Meta, in base al principio di accountability del GDPR, dimostrare che tale consenso sia stato fornito in maniera libera e consapevole, così come richiesto dalle norme europee sulla protezione dei dati.
Il possibile intervento del Digital Markets Act
In realtà, proprio in merito al consenso, l’impatto della decisione della Corte di Giustizia Europea potrebbe essere in parte limitato in quanto il Digital Markets Act imporrà regole simili a Meta a agli altri big player già a partire dal prossimo anno.
La nuova legge europea sulla concorrenza digitale, infatti, richiede il consenso esplicito dell’utente per i fornitori di piattaforme digitali per poter elaborare i suoi dati personali, combinarli con i dati di altre piattaforme e fare un uso incrociato dei dati da un servizio all’altro.
Se un utente non fornisce il consenso, il Digital Markets Act stabilisce che deve comunque poter utilizzare il servizio.
Meta, sanzione privacy 1,2 miliardi e rischio blocco di Facebook in Europa
Le conseguenze
Soltanto un mese fa, Metà veniva multata per 1,2 miliardi di dollari dal Garante Privacy irlandese per trasferimento illecito di dati personali dei suoi utenti verso gli Stati Uniti.
Oggi l’ennesima sconfitta, a testimoniare quanto i grandi players digitali siano sempre di più sotto la lente d’osservazione europea.
Come ribadito dalla corte “la personalizzazione della pubblicità mediante la quale è finanziato il social network non può giustificare, in quanto legittimo interesse perseguito da Meta, il trattamento di dati di cui è causa, in assenza del consenso dell’interessato”.
Secondo quanto riportato dal Wall Street Journal, “Meta sta ancora valutando la sentenza della Corte” e si riserva di decidere come agire in futuro, rilasciando anche dichiarazioni più approfondite.