lo scontro

Prima multa del Digital Services Act a X: la fine dell’illusione Muskiana?



Indirizzo copiato

La vicenda della multa a X rappresenta l’inizio di un confronto destinato a durare nel tempo tra la UE e Musk che dovrà decidere se adeguarsi alle regole europee o continuare su una linea di scontro ideologico che potrebbe portare a nuove sanzioni, con influenze anche per le altre piattaforme online. I punti cardine

Pubblicato il 9 dic 2025

Tania Orrù

Privacy Officer e Consulente Privacy



X multa Digital Services Act DSA

La multa da 120 milioni di euro comminata il 5 dicembre 2025 dall’Unione Europea a X, l’ex Twitter di Elon Musk, rappresenta un passaggio decisivo nel percorso di applicazione del Digital Services Act. È infatti la prima sanzione della nuova normativa e, allo stesso tempo, un messaggio politico, normativo e culturale che segna l’avvio di una fase in cui l’Europa si propone come arbitro globale della responsabilità tecnologica.

Le notizie pubblicate dalla stampa delineano un quadro in cui la violazione degli obblighi di trasparenza penalizza una piattaforma, ma soprattutto decreta la fine simbolica della narrazione muskiana sull’assoluta libertà di parola.

La sanzione arriva in modo quasi chirurgico, dopo mesi di avvertimenti e dialoghi falliti, e apre immediatamente una frattura politica che attraversa l’Atlantico e mette in luce divergenze profonde tra l’approccio europeo e quello statunitense alla regolazione delle piattaforme.

Le violazioni e il ruolo della trasparenza nel cuore del DSA

Secondo la Commissione Europea, X ha violato tre obblighi fondamentali del DSA relativi alla trasparenza.

Il primo riguarda l’uso della spunta blu, trasformata da simbolo di autenticità verificata a semplice servizio premium acquistabile. Questa modifica, presentata come democratizzazione della verifica, è stata invece interpretata come un inganno strutturale: un design pensato per indurre l’utente a credere di trovarsi di fronte a un profilo autentico, quando in realtà il criterio della verifica dell’identità era stato abolito.

La confusione generata da questa scelta ha favorito impersonificazioni, frodi e campagne di disinformazione, compromettendo quella fiducia nell’identità digitale che il DSA considera essenziale per la sicurezza sistemica delle piattaforme.

Il secondo elemento riguarda la non trasparenza dell’archivio pubblicitario. Il DSA pretende che le grandi piattaforme rendano pubblici i dettagli su tutti gli annunci diffusi, in modo che ricercatori e società civile possano analizzare flussi informativi, finanziamenti e potenziali tentativi di manipolazione.

X, oltre a non aver adeguato il proprio sistema, ha reso meno accessibili informazioni che in passato erano disponibili con maggiore facilità.

La Commissione ha interpretato questo comportamento come una regressione nella capacità di monitorare campagne di disinformazione, soprattutto in un momento in cui il contesto geopolitico rende più probabili operazioni di influenza straniere.

Infine, il terzo punto riguarda l’accesso ai dati per i ricercatori. Dopo aver annunciato l’era della trasparenza radicale e del codice open source, X ha di fatto reso l’accesso ai dati sempre più complesso, costoso e tecnicamente inaffidabile.

Il DSA considera l’accesso ai dati un elemento cardinale per la valutazione dei rischi sistemici e per la verifica dell’impatto sociale delle piattaforme. L’incapacità (o la mancata volontà di X) di garantire questo accesso è stata letta come una contraddizione evidente rispetto alla narrativa originaria dell’azienda e come una violazione dei requisiti fondamentali imposti dalla normativa europea.

Musk e la libertà di parola digitale

Per comprendere appieno la portata di questa sanzione bisogna tornare all’acquisizione di Twitter da parte di Elon Musk nel 2022. Fin dai primi giorni, l’imprenditore aveva annunciato l’obiettivo di trasformare la piattaforma in un baluardo della libertà di parola globale, una sorta di piazza digitale in cui l’intervento delle regole sarebbe stato ridotto al minimo indispensabile.

Questa visione si è tradotta nella riattivazione di profili precedentemente sospesi, nella riduzione drastica delle politiche di moderazione, nel licenziamento di una parte significativa del personale dedicato alla sicurezza e nell’introduzione di un modello di verifica basato sul pagamento.

Ciò che Musk sembrava non considerare, o considerare solo marginalmente, era che nel frattempo l’Europa stava definendo un quadro normativo completamente diverso.

Nello stesso aprile 2022, il DSA era nella fase di accordo politico finale (il testo era pronto e l’approvazione formale dietro l’angolo). Si tratta di una regolamentazione che parte da una visione totalmente opposta, ritenendo che le piattaforme digitali di grande dimensione siano infrastrutture che influiscono sulla sicurezza, sulla democrazia e sulla qualità del discorso pubblico, e che per questo debbano essere soggette a obblighi di trasparenza e accountability molto rigorosi.

Thierry Breton, commissario al Mercato Interno, aveva avvertito Musk già nel 2022 che l’Europa non avrebbe tollerato deviazioni dalle regole. La sanzione di oggi non fa che dare sostanza a quegli avvertimenti.

Washington reagisce, Bruxelles si difende

L’aspetto più sorprendente della vicenda è la rapidità con cui una sanzione amministrativa si è trasformata in un caso geopolitico.

Il senatore statunitense Marco Rubio ha interpretato la multa come un attacco dell’Europa che non andrebbe semplicemente contro una piattaforma tecnologica, bensì contro gli Stati Uniti stessi.

Le sue dichiarazioni, riportate dalla stampa, configurano l’idea che la regolamentazione europea rappresenti una minaccia per l’autonomia tecnologica americana, quasi come se l’UE avesse valicato un confine invisibile tra governance digitale e sovranità nazionale.

L’argomento è stato rilanciato anche da altri esponenti conservatori, tra cui J.D. Vance, secondo cui la sanzione sarebbe una forma di censura mascherata.

La risposta europea, invece, ha mantenuto toni più misurati. Kaja Kallas ha ricordato che la multa non riguarda la moderazione dei contenuti, bensì esclusivamente la trasparenza. Tuttavia, ha anche riconosciuto che il dialogo transatlantico sulla regolazione digitale è in un momento di tensione e che alcune critiche americane meritano di essere ascoltate.

Le sue parole, anche se non ridimensionano la gravità della sanzione, mostrano la volontà dell’UE di preservare il rapporto strategico con Washington, pur continuando a rivendicare la propria sovranità normativa.

La reazione di Musk: tra retorica sulla libertà e attacco politico

Elon Musk ha reagito alla sanzione senza utilizzare argomentazioni tecniche, ma sferrando un attacco diretto all’Unione Europea e arrivando a sostenere che sarebbe necessario addirittura abolirla. Questa dichiarazione, più provocatoria che analitica, riflette appieno la filosofia muskiana secondo cui l’innovazione tecnologica dovrebbe essere lasciata il più possibile libera da vincoli normativi.

La sua visione si fonda sull’idea che la concorrenza e la creatività prosperino solo in un ecosistema deregolamentato, e che qualsiasi supervisione istituzionale sia un ostacolo alla velocità del cambiamento. Il DSA, nella prospettiva di Musk, diventa il simbolo di un’Europa burocratica che soffoca la spontaneità del digitale.

Le dichiarazioni di Musk non sorprendono in ogni caso chi osserva da tempo la postura politica del fondatore di Tesla. Musk ha infatti più volte espresso una visione apertamente sovranista, intesa come diffidenza verso organismi sovranazionali ritenuti incapaci di comprendere la velocità dell’innovazione tecnologica.

Le sue critiche alla governance europea non nascono con il DSA bensì, come già ricordato, nel 2022 durante il confronto con Bruxelles sull’acquisizione di Twitter, Musk aveva definito le norme UE come eccessivamente pesanti, tanto da far ribadire allo stesso commissario Breton: “in Europa l’uccellino volerà secondo le nostre regole”.

Le parole di Musk dopo la multa, dunque, appaiono come l’ultimo capitolo di una campagna comunicativa che contrappone sistematicamente la libertà imprenditoriale individuale alla regolazione pubblica.

In questa narrazione Musk costruisce un’Europa quasi caricaturale, vista come un apparato normativo centralizzato che ostacola l’ingegno, mentre gli Stati sovrani (e ancor più gli imprenditori) sarebbero i veri custodi dell’innovazione. Una linea che dialoga con il suo libertarianesimo tecnologico e con le posizioni di vari esponenti del fronte conservatore statunitense.

Tuttavia, dal punto di vista europeo, la sicurezza delle piattaforme e la tutela del processo democratico non possono essere sacrificate sull’altare della libertà assoluta. È proprio in questo conflitto “filosofico” (che in realtà è profondamente politico) che si inserisce la sanzione: un duello narrativo tra chi vede la regolazione come un presidio di diritti e chi la interpreta come un ostacolo allo sviluppo.

DSA, nuovo standard globale: la posta in gioco supera X

L’obiettivo strategico dell’Unione Europea, con l’applicazione di questa multa, è dimostrare che il DSA è uno strumento operativo e non un manifesto politico.

L’Europa mira a creare un effetto Bruxelles nel digitale, come già accaduto con il GDPR. La logica è semplice: se le grandi piattaforme operano in Europa, devono conformarsi agli standard europei; e una volta che adeguano i loro sistemi al mercato europeo, tenderanno ad applicare gli stessi standard anche altrove, per semplificare i processi interni.

La multa a X rappresenta dunque un test di credibilità globale del DSA. Se l’UE riuscirà a sostenerne l’applicazione anche contro una piattaforma ostile come X, allora tutte le altre aziende tecnologiche saranno costrette a riconoscere che il Digital Services Act rappresenta una realtà con cui dovranno confrontarsi.

Le indagini ancora aperte

La sanzione da 120 milioni di euro non sembra chiudere il contenzioso tra X e Bruxelles e, come sottolineano alcune fonti, sarebbero ancora aperte altre indagini, alcune delle quali potenzialmente molto più onerose.

Una riguarderebbe la gestione dei contenuti illegali e della disinformazione, un tema particolarmente sensibile in un contesto internazionale segnato da conflitti e interferenze straniere.

L’altra riguarderebbe la trasparenza degli algoritmi, cioè il modo in cui la piattaforma decide cosa mostrare agli utenti.

Il DSA impone infatti alle piattaforme l’obbligo di spiegare come funzionano i sistemi di raccomandazione e di offrire alternative non basate sulla profilazione.

In ogni caso, se la Commissione dovesse riscontrare ulteriori violazioni, le sanzioni potrebbero arrivare fino al sei per cento del fatturato globale, una cifra potenzialmente devastante per una piattaforma già indebolita dalla fuga degli inserzionisti e dalle trasformazioni interne post-acquisizione.

Il confronto con TikTok: la compliance vantaggio competitivo

Un elemento significativo emerso dalle cronache è il confronto implicito tra X e TikTok.

Mentre la piattaforma cinese ha scelto di collaborare con la Commissione Europea per chiudere un’indagine sulla trasparenza pubblicitaria, assumendo impegni vincolanti e mostrando una certa flessibilità negoziale, X ha preferito lo scontro frontale.

Questa divergenza di atteggiamenti evidenzia come la compliance normativa stia diventando un terreno di competizione tra piattaforme.

TikTok sembra aver compreso che aderire agli standard europei possa rappresentare un vantaggio strategico, soprattutto per consolidare la propria presenza nel mercato occidentale. X, invece, appare determinata a difendere un modello identitario che la porta a opporsi apertamente alla regolazione. La multa a X rende esplicita questa linea di frattura.

Effetto domino: come la multa a X influenza le altre piattaforme

La sanzione a X, rappresentando il primo caso di applicazione effettiva del Digital Services Act, viene osservata con attenzione da tutte le altre Big Tech.

Il procedimento contro X è la “prima enforcement action” del DSA, una normativa che si applica indistintamente a tutte le “Very Large Online Platforms”, incluse Meta, TikTok, Google e Amazon. La Commissione Europea, attraverso i suoi comunicati ufficiali, ha già avviato procedimenti paralleli nei confronti di Meta e TikTok, segnalando che l’enforcement sarà sistematico e non episodico.

La decisione apre pertanto una fase in cui le grandi piattaforme dovranno dimostrare una capacità di compliance molto più avanzata rispetto al passato.

In questo senso, X diventa un caso pilota che mostra alle altre piattaforme il costo (economico e reputazionale) di uno scontro frontale con Bruxelles: un precedente che può accelerare una trasformazione strutturale delle strategie regolatorie dell’intero settore.

Verso un nuovo equilibrio

La multa a X rappresenta una cesura netta con il passato: per la prima volta, l’Europa afferma in modo esplicito che le piattaforme digitali non possono costruire le proprie regole al di fuori di un quadro di responsabilità pubblica.

La retorica dell’innovazione senza vincoli viene così sottoposta a un controllo giuridico e politico che potrebbe ridefinire l’intero settore.

La sanzione segna anche un passaggio concettuale: dal mito dell’internet come spazio anarchico e autoregolato si passa a un modello in cui la tutela dei diritti fondamentali, la prevenzione dei rischi sistemici e la salvaguardia del processo democratico diventano priorità irrinunciabili.

L’Europa sta in pratica dicendo, con questa multa, che il tempo della neutralità delle piattaforme è finito.

Musk incontra i suoi “limiti”

Negli ultimi anni Elon Musk è stato spesso rappresentato come un attore politico globale, capace di influenzare tanto le economie quanto le dinamiche geopolitiche attraverso le sue aziende.

Tuttavia, la reazione alla multa europea dimostra anche i limiti strutturali di questa narrazione. Musk esercita un potere di amplificazione mediatica straordinario, ma il suo peso politico reale si rivela più fragile quando incontra istituzioni robuste, come l’UE, che rispondono con strumenti regolatori concreti anziché con battaglie retoriche.

Sebbene la sua capacità di definire l’agenda pubblica sia indiscutibile, la sua influenza normativa appare oggi molto meno solida: la multa del DSA mostra che, fuori dal perimetro delle sue aziende, Musk non controlla le regole e, soprattutto, non può riscriverle.

È una dinamica che, più che affermarne la centralità politica, ne mette in luce la vulnerabilità quando si confronta con poteri pubblici legittimati democraticamente.

Lo scontro Musk–UE è solo all’inizio

La vicenda della multa a X in ogni caso rappresenta l’inizio di un confronto destinato a durare nel tempo.

Musk dovrà infatti decidere se adeguarsi alle regole europee o continuare su una linea di scontro ideologico che potrebbe portare a nuove sanzioni.

L’Unione Europea, dal canto suo, ha mostrato di voler difendere con determinazione il proprio modello di governance digitale, anche a costo di generare tensioni diplomatiche con gli Stati Uniti. La posta in gioco è enorme: riguarda la trasparenza delle piattaforme e la sicurezza del discorso pubblico, e, soprattutto la stessa idea di sovranità tecnologica europea.

La multa da 120 milioni di euro è, nella sostanza, una dichiarazione di autonomia normativa e un segnale chiaro che l’Europa non intende rinunciare al proprio ruolo nella definizione delle regole globali del digitale.

guest

0 Commenti
Più recenti
Più votati
Inline Feedback
Vedi tutti i commenti

Articoli correlati

0
Lascia un commento, la tua opinione conta.x