Le regole

Richiesta di cancellazione dei dati: come comportarsi secondo il GDPR

Il titolare del trattamento spesso si trova a dover dare seguito alle richieste di cancellazione da parte degli interessati, i quali esercitano questo diritto alla luce sia del GDPR che del Codice privacy. La situazione pone criticità di fronte al titolare, che si trova a dover scegliere tra diverse strade gestionali

Pubblicato il 04 Apr 2019

Giuseppe Pisciotto

Consulente Legale Privacy

GDPR cancellazione dei dati le regole

Uno dei problemi più ricorrenti che si trova ad affrontare il titolare del trattamento dei dati è come dar seguito alle richieste di cancellazione da parte degli interessati. Un diritto contemplato dal GDPR. Per governare e gestire le richieste sono stati creati appositi team dedicati, composti dai referenti di ogni dipartimento coinvolto nel trattamento che fungono da punto di contatto con gli operativi che si occupano della cancellazione.

Qualsiasi titolare del trattamento è “geloso” della propria customer base, vuoi perché ha impiegato mesi o, addirittura, anni per costruirne una vuoi perché è proprio attraverso la stessa che riesce a produrre profitto per l’azienda. Occorre tenere presente però che il GDPR tutela le libertà e i diritti dell’interessato e non quelli del titolare del trattamento. Pertanto, come deve comportarsi il titolare di fronte ad una richiesta di cancellazione dei dati da parte dell’interessato?

La normativa di riferimento

Sia il Codice Privacy, D.lgs. 196/2003 così come modificato dal D.lgs. 101/2018, sia il Regolamento europeo per la protezione dei dati personali attribuiscono all’interessato la possibilità di esercitare il diritto alla cancellazione dei propri dati personali. Il titolare del trattamento è tenuto a cancellare i dati personali dell’interessato a fronte di sua espressa richiesta di cancellazione oppure ove i dati personali non siano più necessari per le finalità per i quali sono stati raccolti.

Occorre tenere in considerazione che il diritto alla cancellazione gode di un campo di applicazione più ampio rispetto a quello di cui all’abrogato art. 7, comma 3 lett. b), Codice Privacy poiché l’interessato ha il diritto di chiedere la cancellazione dei propri dati, ad esempio anche dopo la revoca del consenso al trattamento. Il titolare del trattamento si trova di fronte ad una scelta ardua. Deve cercare di comprendere, mediante il supporto delle funzioni di business, se e come dar seguito alla richiesta di cancellazione. Il se ed il come derivano sia dalla competenza sia dalla consapevolezza in materia di protezione dei dati personali dei soggetti interessati alla cancellazione.

Ma il titolare del trattamento deve sempre procedere alla cancellazione o vi sono altre modalità per non far perdere valore alla propria azienda? Infatti, in tali casistiche, prima si decide se dar seguito alla richiesta di cancellazione da parte dell’interessato e dopo si decidono le modalità di cancellazione.

Tale tema deve essere affrontato a seconda che si debba procedere alla cancellazione dei dati dell’interessato su supporto cartaceo o su supporto informatico. Inoltre, la metodologia di approccio alla cancellazione cambia qualora la procedura intacchi uno o più sistemi, tra gli stessi interconnessi.

Il Regolamento, in quanto norma a matrice europea, non fornisce indicazioni analitiche sulle modalità di cancellazione ma è evidente che la cancellazione deve seguire le “regole dell’arte”. In particolare, l’interessato ha il diritto di chiedere che siano cancellati e non più sottoposti a trattamento i propri dati personali. Ma qual è la definizione di dato personale e come mai questo interrogativo?

Cancellazione o anonimizzazione dei dati

Il GDPR definisce dato personale “qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile («interessato»); si considera identificabile la persona fisica che può essere identificata, direttamente o indirettamente”. Quindi, per converso, non sono da definire dati personali, ai sensi del Regolamento, quei dati che non permettono di ricondurre, direttamente o meno, all’interessato.

Il titolare del trattamento si trova di fronte alla scelta se dar seguito alla richiesta di cancellazione o, in alternativa, procedere all’anonimizzazione dei dati. Ovvio che la situazione da prediligere debba essere la cancellazione “fisica”. Con tale termine si indica la cancellazione tecnica sia sui sistemi nei quali i dati sono oggetto di analisi sia in quelli interconnessi per evitare che, seppur si proceda alla cancellazione su un sistema, tali dati restino nella disponibilità del titolare che continuerebbe comunque a trattarli, salvo eventuali obblighi di legge.

Tale metodologia di cancellazione non è da confondere con la cancellazione “logica”. La quale è più di alto livello e non ha impatto concreto né sui sistemi né sugli applicativi. Ma qualora sia la struttura tecnica sia i dipartimenti coinvolti possiedano quelle competenze tali da gestire tale situazione, in alternativa alla cancellazione si opta per l’anonimizzazione dei dati personali. Tale tecnica consente di annullare il legame tra l’interessato ed i dati allo stesso associato (ad esempio scelte di consumo, abitudini ecc.).

In questo modo è possibile trattare il dato per finalità diverse ed ulteriori rispetto a quello effettuato per la finalità originaria perseguita dal titolare del trattamento, come ad esempio per finalità statistica.

Le tecniche più usate

Sul punto si sono espressi, in maniera unanime, anche i Garanti europei, i quali hanno affermato che un efficace processo di anonimizzazione scongiura impatti sull’interessato se non consente:

  • di isolare un interessato da un cluster,
  • di collegare un dato anonimizzato a dati riferibili all’interessato,
  • di dedurre da un dato anonimizzato nuove informazioni riferibili ad un interessato.

Sul tema si sono già esposti i più noti commentatori in materia di protezione di dati personali. Ad oggi, le tecniche più utilizzate dai dipartimenti che si occupano di data analyst sono:

  • la permutazione,
  • la differential privacy, e
  • la k-anonymity.

La k-anonymity, che rientra tra le tecniche basate su generalizzazione e soppressione dei dati, consiste nel rendere indistinguibile ogni record della tabella oggetto di anonimizzazione rispetto ai cosiddetti “quasi-identificatori”, da almeno altri k-1 record della medesima tabella. Infatti, una tabella contenente una serie di dati personali può essere resa anonima utilizzando un approccio basato sulla generalizzazione dei valori dei quasi-identificatori oppure sopprimendo alcuni record.

La differential privacy, che rientra tra le tecniche basate sulla randomizzazione dei dati, ha lo scopo di alterare un’interrogazione sottoposta ad un database composto da dati personali. Tale tecnica permette di non risalire ai dati personali dell’interessato poiché al database viene aggiunto un livello di rumore tale da non permettere la successiva identificazione.

Infine, la permutazione lascia invariati i singoli valori di cui agli attributi di cui in tabella ma scinde i quasi-identificatori dagli attributi riferibili alla vita privata, associando ad ogni interessato attributi di un altro.

La pseudonimizzazione del dato

Ulteriori considerazioni devono essere fatte in merito ai processi di pseudonimizzazione del dato, che è cosa distinta dalla mera anonimizzazione e dalle finalità di tutela perseguite. Infatti, la pseudonimizzazione consiste nel sostituire un attributo di un dato, solitamente univoco, con un altro, ugualmente univoco, e solitamente non immediate intellegibile. In questo modo il dato personale non è più attribuibile ad un interessato specifico, senza l’utilizzo di informazioni aggiuntive.

Questo rende complessa l’identificazione dell’interessato, tuttavia restando possibile risalire alla sua identità in quanto il processo di pseudonimizzazione è un processo reversibile. Quindi la differenza principale tra pseudonimizzazione ed anonimizzazione è da rilevare nella reversibilità o meno del processo, che nel primo caso è reversibile mentre non nel secondo. Pertanto la pseudonimizzazione non è da identificare come misura alternativa alla cancellazione bensì come un’ulteriore misura di sicurezza poiché è possibile risalire, mediante un’informazione aggiuntiva, all’interessato rendendolo così identificabile.

Tanto premesso, mentre l’anonimizzazione può sostituirsi alla cancellazione, perché non consente più di conoscere l’interessato a cui apparteneva il dato ormai anonimizzato, la pseudonimizzazione no, e rappresenta piuttosto una misura di sicurezza (di cui all’art. 32, c. 1, lett. a), garantendo un maggior grado di confidenzialità ed integrità del dato, non più immediatamente intellegibile.

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