l’analisi tecnica

Polheepo: il chip tutto italiano che promette di risolvere i problemi di sovranità digitale



Indirizzo copiato

Progettazione e avvio della sperimentazione per Polheepo, il chip tutto italiano che può supportare applicazioni di intelligenza artificiale e di crittografia post-quantica e che potrebbe risolvere i problemi di sovranità digitale del nostro Paese. Ecco tutto quello che c’è da sapere

Pubblicato il 16 dic 2025

Alessia Valentini

Giornalista, Cybersecurity Consultant e Advisor



Chip italiano Polheepo

I chip sono alla base del contesto digitale e sono essenziali per tutti i settori che affrontano una trasformazione digitale. A titolo esemplificativo, si può guardare all’industria automobilistica, alle comunicazioni, ai sistemi informatici di elaborazione dei dati, al comparto spazio, alla difesa, ai dispositivi intelligenti di internet of Things (IoT).

La recente carenza globale di chip ha interrotto le catene di approvvigionamento, causato danni e rallentamenti produttivi, ma ha anche evidenziato un’eccessiva dipendenza tecnologica dai paesi produttori principali. Elemento questo, che ha visto l’Europa correre ai ripari già dal 2022, con una direttiva specifica per aumentare la produzione dalla quota di mercato dall’iniziale 10%, fino all’obiettivo di un 20% dei chip mondiali (fonte: EU).

Ad oggi non sembra che la legge sia ancora riuscita a catalizzare l’attenzione degli investimenti auspicati o a generare l’ampia mobilitazione necessaria per la sua efficace attuazione.

Tuttavia, l’effetto delle tensioni geopolitiche grava e peggiora la carenza globale di chip e minaccia settori chiave.

In questo contesto in cui l’Europa sembra perdere terremo, potrebbe assumere una certa rilevanza il progetto italiano PNRR SERICS che ha visto progettare e realizzare il chip Polheepo.

Polheepo, la risposta italiana alla carenza globale di chip

“Lo scopo del nostro lavoro”, spiega Maurizio Martina, docente di elettronica al POLITO e coordinatore del progetto, “è stato progettare e realizzare un chip che combini un processore Risk-V con un acceleratore specializzati per due classi di applicazioni: intelligenza artificiale (AI) e crittografia post quantica (Post Quantum Criptography)”.

L’importanza dei risultati è duplice: “a livello universitario i risultati sono importanti perché è il primo chip del suo genere, in termini di complessità, che ha potuto essere realizzato completamente in università. Dal punto di vista industriale, dopo la fase di sperimentazione, ci sono potenzialità per applicazioni nel campo delle AI e della crittografia post quantica, quella cioè capace di resistere ai computer di nuova generazione”.

Il progetto è finanziato dalla Fondazione SERICS, realizzato da un gruppo di dieci dottorandi e post-dottorandi del VLSI-lab, presso il Dipartimento di Elettronica e Telecomunicazioni (DET) del Politecnico di Torino (POLITO), mentre la fondazione CHIPS-IT è l’entità che sta curando materialmente la fabbricazione del chip con tecnologia TSMC a 65 nanometri (miliardesimi di metro), avendo le capacità d’implementazione operativa.

Caratteristiche tecniche del chip Polheepo

“Nella prima fase del progetto è stata progettata la scheda elettronica che ospita il chip. Il circuito integra un processore Risc-V insieme ad acceleratori hardware specializzati. Risk-V è un processore interessante perché è una architettura completamente Open Source. Nei processori in commercio non si possono fare modifiche sul processore, se non pagando”.

Le fasi successive sono serrate. “Ora attendiamo la fabbricazione per passare alla fase di test e per verificare applicazioni realistiche per AI di tipo edge computing (modello informatico che sposta l’elaborazione e l’archiviazione dei dati dal cloud centrale verso il perimetro della rete, ovvero il più vicino possibile alla fonte dove i dati vengono generati n.d.r.). I chip arriveranno a metà gennaio con una seconda tranche a metà febbraio. Finito il progetto delle schede che li devono ospitare, dalla primavera 2026 partiranno i test e per fine 2026 ci siano risultati pubblicabili”, chiarisce il docente.

Quanto alle caratteristiche del chip, aggiunge: “nel chip c’è potenza di calcolo per applicazioni di AI vicine ai sensori, visione e comando vocale. Ovvero negli acceleratori del chip ci sono capacità per effettuare operazioni di moltiplicazione e accumulo, che sono la base per prodotti matriciali e vettoriali a loro volta usati nei principali algoritmi di AI a reti convoluzionari e transformer”.

Le possibili applicazioni del chip Polheepo

Dunque, il circuito ha le capacità di calcolo adeguate alle esigenze di applicazioni di AI in edge computing e per implementare una sicurezza efficace nella crittografia post quantica.

“Le applicazioni sono obiettivi di medio termine ma si, potenzialmente le applicazioni in edge usano sensoristica IoT, nel campo della smart agricoltura, delle smart city, della smart manufactoring, o delle applicazioni biomediche e queste sono applicazioni possibili”.

Un ulteriore potenziale riguarda il supporto della crittografia post quantica, ovvero quella realizzata da algoritmi e tecniche crittografiche progettate per resistere agli attacchi di potenti computer quantistici.

“Nella post quantum criptography ci interessa verificare la sicurezza degli algoritmi di post quantum, non come sicurezza matematica formale, che è già provata come metodo, ma la sicurezza in un ambiente reale: interessa vedere cosa succede quando si prova a far girare algoritmi in un sistema reale, rispetto a minacce come il side channel attack (tecnica di hacking che sfrutta fughe di informazioni non intenzionali tipo effetti collaterali fisici, durante l’esecuzione di un sistema, per estrarre dati sensibili come chiavi crittografiche n.d.r.)”.

In sostanza, si vuole verificare se dal profilo del consumo di potenza che è correlato alla chiave, si possa rivelare la chiave di crittografia. “Nel chip i test permetteranno di verificare se il mascheramento del consumo di potenza funziona ed è quindi capace di resistere ad attacchi side channel. Questa capacità è particolarmente interessante per le aziende che realizzano sistemi di crittografia”.

Una soluzione abilitante alla sovranità digitale

In relazione al fatto che è un progetto tutto italiano il chip chiediamo se si presti ad essere un abilitante di sovranità digitale.

“Assolutamente sìi: il chip ha una componente nazionale di progettazione e realizzazione da istituzioni italiane. Inoltre, ha un respiro europeo perché molti dei circuiti e delle metodologie che usa, provengono da progetti europei che hanno repository Open Source (progetti X-HEEP per il core RISC-V, PUFfo , Keccak, ASCON )”.

Dunque, è possibile guardare all’Europa scientifica e tecnologica come elemento di valore, ma comunque ci sono capacità nazionali di progettazione.

La sfida è nella fabbricazione materiale in ottica di catena produttiva. “Il limite principale è la fabbricazione del chip, che dovrebbe avvenire in Europa o in Italia e a questo proposito siamo già in contatto con azienda tedesca per realizzare chip con tecnologia Open Source, ma certamente il futuro è guardare all’Europa a cui porteremo questo risultato”.

Al fine di tutelare il lavoro c’è anche il piano di brevettare la tecnologia. “Le parti usate per il chip sono in tecnologia Open Source ma per tutelare il progetto, con un brevetto dobbiamo fare misure e verifiche, così da validare o ulteriormente modificare le caratteristiche del chip. Gli elementi di ottimizzazione e innovazione potranno così costituire il motivo della domanda brevetto”.

Le esigenze di chip in Italia ed Europa

Fin dal 2022 Ursula von der Leyen Presidente della commissione europea aveva annunciato durante il World Economic Forum (WEF) la mobilitazione Europea sui Chip e l’emissione di una direttiva specifica sui Chip (Chip Directive – 2022 e infografica) per rispondere ad un fabbisogno capace di raddoppiare nel decennio successivo con l’intento di “aumentare radicalmente la posta in gioco dell’Europa nello sviluppo, nella produzione e nell’utilizzo di questa tecnologia chiave”.

La Presidente spiegava anche i cinque progressi ritenuti cruciali: “rafforzamento della capacità di ricerca e innovazione in Europa; garanzia della leadership europea nella progettazione e nella produzione; adeguamento delle norme sugli aiuti di Stato per consentire, per la prima volta, il sostegno pubblico a impianti di produzione europei unici nel loro genere; miglioramento della capacità di anticipare e rispondere a carenze e problemi di approvvigionamento nell’area; sostegno alle aziende più piccole e innovative”.

Le recenti tensioni geopolitiche europee e mondiali hanno ulteriormente accresciuto l’attenzione sulle tecnologie dei semiconduttori e sono aumentate sui fattori di produzione visti come più critici e persistono le minacce di interruzioni dell’approvvigionamento.

Secondo l’organizzazione Digital Europe (digital europe org) “l’Europa ha bisogno di un audace Chips Act 2.0 che allinei pienamente gli sforzi dell’UE e degli Stati membri per rendere l’Europa una destinazione attraente per gli investimenti globali nei semiconduttori e soddisfare la domanda prevista”.

Non potendo essere autosufficienti almeno sarebbe utile essere indispensabili.

“L’obiettivo dell’Europa non può essere l’autosufficienza, ma deve essere l’indispensabilità: diventare un leader globale su cui il mondo fa affidamento per tecnologie, competenze e innovazione critiche. L’Europa dovrebbe investire dove detiene già un vantaggio competitivo o può realisticamente recuperare”.

Cinque le priorità per raggiungere questo obiettivo secondo l’organizzazione europea: “Investimenti intelligenti entro il 2025; creazione della domanda e di macro-alleanze; indispensabilità globale; sostenibilità per rendere i chip a basso consumo energetico e la produzione circolare; competenze e condizioni quadro per rendere l’Europa una destinazione attraente per gli investimenti nel settore dei semiconduttori”.

guest

0 Commenti
Più recenti
Più votati
Inline Feedback
Vedi tutti i commenti

Articoli correlati

0
Lascia un commento, la tua opinione conta.x