L'APPROFONDIMENTO

Robotic Process Automation e mondo del lavoro: impatti dell’automazione dei processi nelle aziende

La Robotic Process Automation, l’automazione dei processi nelle aziende viene vista da alcuni come un’opportunità di crescita lavorativa, da altri come una minaccia. In realtà, si tratta di uno strumento di lavoro che deve rispettare le norme sul trattamento dei dati, sulla sicurezza informatica. Facciamo il punto

Pubblicato il 06 Nov 2019

Samuel De Fazio

Esperto in protezione dati, sistemi di controllo interno, internal auditing, risk management, compliance

Robotic process automation e mondo del lavoro

La Robotic Process Automation (RPA) e l’intelligenza artificiale (artificial intelligence, AI) possono essere un’opportunità per lo sviluppo di nuove attività e come strumento per fornire un concreto supporto alle imprese e agli enti.

Questo è quanto è emerso durante i lavori del secondo congresso nazionale sul mondo della Robotic Process Automation (RPA) e sull’intelligenza artificiale (artificial intelligence, AI), organizzato a Milano e Roma da RPA Italy, l’associazione italiana di riferimento, con il patrocinio di AssoDPO.

Leitmotiv del congresso era lo sviluppo della creatività, dell’efficienza, dell’innovazione e la loro relazione con il mondo del lavoro è risultato essere uno dei punti di maggior interesse, a cui è stato riservato più di un panel dedicato, ed è stato oggetto di discussioni volte a comprendere meglio come l’RPA e l’AI stanno cambiando il concetto di lavoro e l’occupazione nel mondo e in Italia.

La Robotic Process Automation come opportunità

Dati statistici da fonti autorevoli mostrano innegabilmente come alcune tipologie di lavoro, di attività e di ruoli operativi siano sempre più soggetti ad essere abbandonati dalle persone, poiché ritenuti ripetitivi, noiosi, poco gratificanti o poco qualificanti o, peggio, rischiosi per la salute e la sicurezza delle persone o dell’ambiente.

È in questo contesto che lo sviluppo delle tecnologie in grado di automatizzare i processi, in particolare quelli più semplici e ripetitivi e ad elevato indice di standardizzazione, sono viste come opportunità, sotto diversi aspetti.

Anzitutto perché, almeno finché le intelligenze artificiali non saranno in grado di elaborare e sviluppare autonomamente nuove tecnologie in tal senso, immaginare, progettare e realizzare RPA e AI è e sarà una delle professioni del futuro, su cui, attualmente, l’offerta di lavoro si mostra crescente a livelli esponenziali, a fronte, purtroppo, di un’offerta formativa, in particolare da parte degli istituti superiori e delle università, che appare ancora troppo scarsa.

Ciò, sostengono gli esperti intervenuti, è dovuto anche al rapido sviluppo che hanno avuto le tecnologie negli ultimi anni, risultando quasi impossibile, per le istituzioni scolastiche e universitarie, tenere il passo.

In secondo luogo, l’RPA e l’AI, indubbiamente, migliorano l’efficienza di determinati aspetti di business e migliorano l’efficacia complessiva di determinati prodotti e servizi, sia pubblici che privati.

Ciò si tradurrebbe, almeno potenzialmente, in un minor impiego di risorse e in un maggior benessere per gli utilizzatori e per chi è interessato dal processo automatizzato e gestito dall’intelligenza artificiale.

La Robotic Process Automation come minaccia

Il rovescio della medaglia, che vuole offrire una visione prevalentemente negativa della Robotic Process Automation e dell’intelligenza artificiale, si focalizza principalmente su due aspetti: il diritto al lavoro e gli effetti sulle persone.

Il primo aspetto risulta più semplice da comprendere: a un aumento delle attività e dei processi assegnati ai robot, non può che corrispondere, in modo direttamente proporzionale, una diminuzione dell’occupazione umana destinata alle medesime attività o processi.

Questa visione, in buona sostanza, vede la tecnologia nemica dell’occupazione, offrendo una visione del futuro negativa, in un contesto sociale ed economico in cui continuano a essere presenti difficoltà nell’occupazione delle risorse umane e, in particolare, nell’inserimento dei giovani nel modo del lavoro.

Anche in questo caso, riprendendo concetti già espressi nel considerare l’RPA e l’AI delle opportunità, ci si interroga sul fatto che la causa potrebbe essere nelle istituzioni, ritenute ancora troppo lente nel comprendere la portata del fenomeno e a reagire con riforme ad hoc.

Il secondo aspetto, più critico che negativo, riguarda i rischi correlati all’uso delle tecnologie che permettono l’automazione di attività e processi.

Questo perché, in una comunità globale che si definisce “società dell’informazione”, affidare ad algoritmi, calcolatori, robot e intelligenze artificiali le basi di dati a disposizione, siano esse piccoli archivi o big data, non può che ricadere nell’ambito di applicazione delle norme, nazionali e internazionali, sul trattamento dei dati, sulla sicurezza informatica e non di prodotti e di servizi, sulla tutela del diritto d’autore e, in primo luogo, sulla tutela dei diritti fondamentali delle persone che subiscono, come oggetti, i processi e le decisioni automatizzate.

Ciò, è emerso durante gli eventi di Milano e Roma, ha senza dubbio un fortissimo impatto sulla dignità delle persone, sulla loro personalità, sul principio di autodeterminazione di sé e, in generale, ci si è interrogati su quanto dovrebbe essere trasparente un algoritmo per ottenere la fiducia delle persone e mantenere l’RPA e l’intelligenza artificiale a un livello sostenibile sul piano etico e morale.

Sul piano del mondo del lavoro, l’esempio più efficace è l’impatto delle applicazioni dedicate alle consegne di generi alimentari, che si accompagnano alle nuove forme di contratto e di occupazione che coinvolgono i cosiddetti “riders”, lavoratori spesso poco tutelati e che si sono sovente resi protagonisti di proteste, più o meno accalorate, negli ultimi anni, arrivando a lamentare e a denunciare discriminazioni nell’assegnazione delle consegne gestite dagli algoritmi che stanno dietro a quelle che la maggior parte delle persone ritiene essere delle semplici app.

La prospettiva neutra: RPA e AI come strumenti

La verità, come sovente accade, si trova nel mezzo. Sia che si considerino come opportunità, sia che si vedano come minacce, la Robotic Process Automation e l’intelligenza artificiale altro non sono che meri strumenti di lavoro con cui realizzare determinate attività, che crescono nella loro complessità in relazione con la complessità dei calcoli eseguibili dalle macchine.

In questo momento storico è giusto alimentare certi dibattiti, in particolare per regolamentare una questione che, se mal gestita e mal governata, potrebbe portare a sbilanciarsi gli interessi in gioco, che vedono allo stesso tavolo lavoratori, cittadini, istituzioni, aziende, investitori di oggi, ma anche la società e il mondo di domani, avendo sempre sullo sfondo la letteratura fantascientifica e le leggi di Asimov sulla robotica.

È in questo momento che i tempi sono sufficientemente maturi per iniziare a legiferare in maniera accorta, che ponga limiti ragionevoli e intelligenti contro gli abusi, ma sufficientemente flessibili per permettere l’evoluzione naturale e l’innovazione e, soprattutto, che sensibilizzi allo sviluppo etico e culturale della materia, in modo che robotic process automation e intelligenza artificiale possano effettivamente e concretamente supportare efficientemente ed efficacemente l’essere umano, senza mai prevaricarlo negandogli diritti fondamentali o universali, come quello al lavoro.

Se lo sviluppo di queste tecnologie, sempre più elaborate, sarà qualcosa di positivo o di negativo, è un giudizio che oggi dobbiamo lasciare alla Storia.

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