INTELLIGENZA ARTIFICIALE

Più dialogo fra Ceo e Cio: in gioco è l’adozione dell’AI, anche nella cyber



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Attualmente quasi 4 Cio su dieci non si sentono allineati con il proprio Ceo in fase dei processi decisionali e sono frenati nel loro agire. Ecco perché invocano maggiore supporto da parte dei vertici in ambito AI, a partire dalla cyber resilienza

Pubblicato il 16 ott 2025



Approccio Identity-First - Più dialogo fra Ceo e Cio: in gioco è l'adozione dell'AI, anche nella cyber

Secondo Netskope, che ha condotto l’indagine sondando 12 Ceo (il Chief Executive Officer) e 202 Cio (Chief Information Officer), serve un’implementazione strategica dell’AI (intelligenza artificiale) nell’era in cui la cyber resilienza è sempre più cruciale.

“Il report di Netskope fotografa un paradosso che non conosce confini: Cio sempre più strategici, ma ancora tenuti al guinzaglio dai Ceo”, commenta Sandro Sana, Ethical Hacker e membro del comitato scientifico Cyber 4.0.

“La nostra ricerca mette in evidenza quanto sia diventato fondamentale il rapporto tra queste due fondamentali figure professionali, in questa fase di profonda trasformazione”, sottolinea Alessandro Fontana, Regional Director e Country Manager per l’Italia di Netskope.

Secondo Enrico Morisi, Ict Security manager, “nonostante il report di Netskope si concentri su due ruoli del top management ben precisi, è fondamentale sottolineare che l’adozione strategica di tecnologie come quelle dell’IA è caratterizzata da un impatto talmente rilevante e trasversale che sarebbe quantomeno riduttivo confinare all’IT l’esecuzione di una strategia così pervasiva”. Ecco cosa è necessario per centrare obiettivi così sfidanti nell’era dell’intelligenza artificiale.

Ceo e Cio, un allineamento necessario per l’adozione strategica dell’AI

Da una nuova ricerca di Netskope, dal titolo “Crucial Conversations: How to Achieve Cio-Ceo Alignment in the Era of AI”, emerge come l’allineamento tra amministratore delegato e Cio acceleri l’adozione strategica dell’AI, andando oltre l’hype.

Il potenziale dell’AI, anche nella cyber security, sta portando i Chief Information Officer a caricarsi sulle spalle più responsabilità, non solo sotto il profilo quantitativo ma strategico. Infatti sono tanti i Cio ad invocare maggiore supporto da parte dei Ceo in ambito AI.

“La tecnologia, e in particolare l’intelligenza artificiale, non è più solo uno strumento di supporto, ma è al centro delle decisioni strategiche che aiutano a determinare la competitività delle aziende”, secondo Alessandro Fontana, contattato da CyberSecurity360.it: “Tuttavia, dalla ricerca emerge che tra Cio e Ceo il dialogo non è sempre del tutto allineato: obiettivi, linguaggi e priorità alcune volte non coincidono”.

Invece “per il successo di obiettivi così sfidanti nell’era dell’AI, è cruciale che tutte le figure aziendali detentrici di prerogative decisionali, sia strategiche sia tattiche, e di definizione del budget, siano pienamente allineate e agiscano sinergicamente”, spiega Enrico Morisi.

L’indagine in cifre

Attualmente il 39% dei Cio non si sente in linea con il proprio Ceo in fase dei processi decisionali. Invece il 31% ammette di non avere contezza delle aspettative che ha il Chief Executive Officer nei loro confronti. Questa mancanza di chiarezza si traduce in insicurezza.

Infatti, secondo Sandro Sana, “da un lato si chiede ai Cio di guidare l’adozione dell’intelligenza artificiale, dall’altro non si concede loro la libertà di decidere davvero. È la solita storia: ‘innova, ma senza disturbare troppo il business’”.

Di conseguenza, il 34% non crede di avere l’autorizzazione da parte del Ceo nelle decisioni strategiche di lungo termine sull’IT.

Questo gap si avverte proprio mentre il ruolo del Cio si sta ampliando verso
nuove aree. Infatti il 34% dei Cio ammette un maggior coinvolgimento nelle priorità strategiche aziendali al di fuori dell’IT rispetto al passato.

Almeno un Cio su tre guida iniziative di business, fondamentali per liberare il potenziale dell’IA, a partire dalla possibilità di pianificare il capitale umano, l’innovazione digitale e la cyber resilienza in mercati caratterizzati sempre più dalla volatilità.

Serve più sinergia nelle decisioni chiave per la cyber resilienza

Dalla ricerca emerge che oltre un terzo dei Cio ritiene che l’azienda stia facendo abbastanza investimenti per modernizzare le infrastrutture IT, mentre il 41% afferma che sono necessari maggiori investimenti.

Circa un quarto (26%) si lamenta delle difficoltà che incontra a ricevere sostegno del Ceo relativamente alle decisioni chiave di modernizzazione e trasformazione. “Un dato che fa riflettere”, sottolinea Sandro Sana, “perché dimostra che il problema non è tecnologico, ma culturale. L’IA sta cambiando i modelli organizzativi, ma la mentalità di molte direzioni resta ancorata al passato: si parla di trasformazione digitale mentre si ragiona ancora per silos, con la sicurezza e l’IT relegati al ruolo di ‘funzione di supporto’”.

Inoltre, i Ceo chiedono ai Cio un equilibrio misurato, promuovendo l’innovazione e l’adozione dell’IA, ma al contempo monitorando costi e rischi. In particolare, desiderano un approccio attento, orientato al business, evitando di l’entusiasmo organizzativo e assicurando che le nuove tecnologie, come l’intelligenza artificiale, ricevano un’adozione responsabile.

Collaborazione, condivisione e confronto, però, non devono mai comportare una rinuncia a una chiara definizione e segregazione dei ruoli, al fine di evitare inutile, o addirittura controproducente, entropia e pericolosi conflitti d’interesse, come quello critico dell’individuazione e classificazione delle minacce, della conseguente valutazione dei rischi ad esse correlati, e della loro mitigazione per mantenerli sotto a un livello ritenuto accettabile dagli stakeholder”, mette in evidenza Morisi.

Integrare governance ed etica

“Eppure l’IA non è solo automazione: è governance, rischio, etica e consapevolezza”, spiega Sandro Sana: “Se l’allineamento tra Ceo e Cio manca, l’azienda rischia di rincorrere la tecnologia senza comprenderla, perdendo competitività e, peggio, fiducia. Perché l’innovazione, senza visione condivisa, diventa un esercizio sterile“.

Ai Cio infatti si chiede concretezza, individuando casi d’uso reali, risparmiando ed integrando governance ed etica fin da subito.

Infine i Cio risultano sempre più focalizzati nella strategia della forza lavoro, in rapporto alla crescente adozione dell’IA. Molti assumono un ruolo cruciale nella supervisione delle prestazioni e della governance dei promettenti agenti IA, che stanno affiancando il personale umana. Ciò ha impatto su produttività, sviluppo delle competenze e standard etici in azienda.

Il 37% sostiene che oggi le competenze tecnologiche rivestono importanza inferiore rispetto alla strategia di business e alla gestione degli stakeholder per il loro ruolo.

Prospettive future

La figura professionale del Cio ricopre un ruolo in piena evoluzione. Stanno allargando il proprio perimetro fino ad occuparsi di operazioni e funzioni di business. Cosa “fino a pochi anni fa quasi impensabile”, avverte Mike Anderson, Chief digital and information officer di Netskope: “Eppure, molti non si sentono pienamente allineati con i Ceo né autorizzati a prendere decisioni di lungo periodo”.

Tuttavia da questa ricerca si ricava un “messaggio semplice”, secondo Sana. “O si costruisce una governance a due voci, dove Ceo e Cio parlano la stessa lingua, o l’AI resterà l’ennesimo giocattolo costoso”, conclude Sandro Sana: “Il vero vantaggio competitivo non sta negli algoritmi, ma nella capacità, ancora troppo rara, di mettere strategia e tecnologia sullo stesso piano“.

“È chiaro che la sola competenza tecnica non è più sufficiente per i Cio. Devono saper gestire relazioni complesse con gli stakeholder, comunicare nel linguaggio dei risultati di business e agire come partner strategici di alto livello all’interno dell’organizzazione”, mette in guardia Mike Anderson. Del resto, in gioco non c’è solo l’adozione dell’IA, che ha una duplice faccia sia difensiva che offensiva, ma la stessa resilienza cyber dell’azienda.

Inoltre è decisivo “introdurre queste tecnologie con consapevolezza, accortezza e saggezza, puntando a sfruttarne il reale valore aggiunto, al servizio dell’essere umano, senza lasciarsi trascinare dal clamore e dall’eccitazione collettiva, cedendo al Fomo (Fear Of Missing Out) ed evitando implicazioni a livello psicologico che inducano alla dipendenza anziché, appunto, ad un uso efficace e consapevole”, conclude Enrico Morisi.

Infine, secondo Alessandro Fontana, “questo report si propone di offrire una guida pratica per aiutare le aziende a costruire una collaborazione più solida tra i propri dirigenti, capace di tradurre l’innovazione in valore tangibile e sostenibile per il business.

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