L’AEOI, Atomic Energy Organization of Iran, ossia l’organizzazione governativa iraniana di energia atomica, ha subito un attacco all’e-mail interna, con conseguente furto e fuga di dati sensibili, e ha accusato un “Paese straniero”, ma il cyber crime è stato rivendicato da un gruppo di hacktivisti nazionale.
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Si è trattato di un attacco interno
Si tratta dei Black Reward, hacktivisti iraniani che hanno pubblicato documenti dell’Agenzia di energia nucleare, tramite il loro canale Telegram, dopo non essere riusciti a convincere il governo a rilasciare i prigionieri politici che sono trattenuti dal regime a causa delle proteste dell’ultimo periodo.
Il gruppo ha rivendicato la paternità dell’attacco su Twitter ed esplicitato, sempre sulla piattaforma social, le condizioni dell’azione e il tempo di 24 ore entro le quali ci sarebbe dovuta essere la liberazione dei prigionieri, in cambio della restituzione dei dati rubati.
Secondo quanto comparso sulla traduzione inglese di un documento, la diffusione dei dati sarebbe stata spinta dalla memoria della giovane ventiduenne iraniana Mahsa Amini, arrestata dalla polizia morale per aver indossato il velo in maniera “scorretta” e poi deceduta a settembre, scatenando una serie di proteste contro il regime iraniano.
La Black Reward sostiene che il tesoro di documenti comprende contratti di sviluppo nucleare e accordi con partner stranieri, piani di costruzione e logistica relativi alle industrie nucleari, dettagli sui passaporti e sui visti degli specialisti iraniani e russi che lavorano nella centrale di Bushehr e rapporti tecnici e operativi. Se legittimi, è probabile che vengano analizzati dalle agenzie di intelligence e dai giornalisti occidentali.
L’AEOI ha dichiarato che si è trattato di “un accesso non autorizzato da uno specifico Paese straniero” per minimizzare l’attacco, specificando che “Va notato che il contenuto delle e-mail degli utenti contiene messaggi tecnici e scambi quotidiani comuni e attuali” e che “È ovvio che lo scopo di tali sforzi illegali, compiuti per disperazione, è quello di attirare l’attenzione pubblica, creare atmosfere mediatiche e operazioni psicologiche, e non hanno alcun altro valore”.
In realtà, la refurtiva di cui si sono impossessati gli hacktivisti di Back Reward è composta da cinquanta gigabyte di materiale inerente alla centrale atomica di Bushehr, impianto costruito grazie al supporto russo, dai piani operativi ai contratti e ai documenti degli operatori iraniani e russi.
Cyber hacktivismo contro il regime
La morte di Mahsa Amini ha causato una forte ondata di proteste contro il regime iraniano che prosegue da settimane ormai e che sembra essere stata seguita dalla morte di altre duecento persone circa, proprio negli scontri che tutt’oggi continuano.
Internet e i social media del paese sono rigidamente censurati e anche un canale televisivo di stato, a inizio ottobre, ha subito un attacco in diretta, che ha visto comparire in video l’immagine di Ali Khamenei, capo supremo del paese con un mirino puntato in fronte e la scritta in sovraimpressione “Il sangue dei nostri giovani cola dai vostri artigli”.
Siamo di fronte a una delle più grandi rivolte popolari in Iran dall’insediamento dell’attuale regime, ossia dal 1979. Come riportato da un esperto di Iran del Dipartimento di Studi sull’Asia e sull’Africa Mediterranea di Ca’ Foscari, le lotte degli iraniani non hanno storia recente, ma hanno attraversato tutta l’era moderna e contemporanea.
Ad esempio, le donne iraniane sono state tra le pioniere della Rivoluzione Costituzionale Iraniana (1905-1911) con le loro campagne di emancipazione femminile e sostegno dei valori socialdemocratici.
È utile menzionare anche altre vicende seguenti alla nascita della repubblica islamica, come le proteste studentesche del 1999, il Movimento Verde, le Ragazze della Via Enghelab e le proteste del Aban di Sangue.
Secondo il filosofo sloveno Slavoj Žižek, “L’Iran non fa parte dell’Occidente sviluppato, quindi Zan, Zendegi, Azadi (Donna, Vita, Libertà) è molto diverso dal #MeToo nei paesi occidentali: mobilizza milioni di donne comuni, ed è direttamente collegato alla lotta di tutti, uomini compresi[…]. Gli uomini che partecipano a Zan, Zendegi, Azadi sanno bene che la lotta per i diritti delle donne è anche la lotta per la propria libertà: l’oppressione delle donne non è un caso speciale, è il momento in cui l’oppressione che permea l’intera società è più visibile[…]”.
I segnali oltre i confini nazionali
L’esperto di Iran della Ca’ Foscari continua la sua analisi affermando che “le pressioni sulla Repubblica Islamica stanno gradualmente aumentando di fronte alle proteste globali degli iraniani e stanno spingendo la comunità internazionale ad agire in modo più responsabile al di fuori dei giochi politici. C’è il Canada che estende le sue sanzioni contro il regime e la Germania che già chiede all’UE di adottare più sanzioni in solidarietà con gli iraniani. Questi sono segnali confortanti ma ancora troppo retorici e non tecnicamente game changer”.
“Poi, vediamo leader mondiali – come Macron – che incontrano il presidente iraniano durante la recente Assemblea Generale delle Nazioni Unite e parlano per la maggior parte del tempo del programma nucleare iraniano mentre, nello stesso momento, in Iran i manifestanti vengono uccisi nelle strade. Fino a quando in Europa o negli Stati Uniti la questione dell’Iran sarà considerata come una non-priorità, o si penserà di poter ancora fare accordi con i dittatori nel proprio interesse, non verranno presi i giusti provvedimenti”.
L’esperto conclude dicendo che quello che si sta verificando in Iran “sta ispirando positivamente altri popoli nella regione. Donne afghane, in una spettacolare dimostrazione di coraggio, sono nelle strade di Kabul per sostenere il popolo iraniano che chiede di vedere riconosciuti i propri diritti e già questo potrebbe dirci che, a parte le speculazioni politiche, un futuro migliore nella regione è possibile se cerchiamo di rimanere uniti per la tutela dei diritti umani. La cosa certa è la determinazione del popolo iraniano a superare la situazione attuale a qualsiasi prezzo. Donna, vita, libertà è la lotta di ciascuno di noi”.