Cathay Pacific, nuovo caso di data breach: lezione per tutte le aziende

Cathay Pacific ha denunciato la violazione di 9,4 milioni di record dal suo database, mentre British Airways, a distanza di oltre un mese dalla prima denuncia, comunica la compromissione di altre migliaia di account. Arriva anche la sanzione a Facebook. Ecco cosa possono insegnare questi data breach alle aziende italiane

Pubblicato il 29 Ott 2018

Cristiano Campion

Cyber Resilience Consultant

Cathay Pacific data breach

Giovedì 25 ottobre Cathay Pacific, la prima compagnia aerea di Hong Kong, ha ammesso, con un comunicato sul sito Web, una violazione di 9,4 milioni di record. Un numero enorme per una compagnia aerea. Poco prima era emerso il caso British Airways.

Recente anche la sanzione a Facebook per il caso Cambridge Analytica, e di piccolo importo, ma solo perché il caso è pre-GDPR. Altrimenti sarebbe arrivata a 1,6 miliardi di euro.

Due casi che ci obbligano di nuovo a tornare a riflettere su quali sono o dovrebbero essere le procedure corrette da attuare in caso di data breach. Valide per tutte le aziende: non solo per i colossi, le cui vicende sono utili comunque per imparare qualcosa ed evitare di fare gli stessi errori.

Cathay Pacific e British Airways: data breach con molte analogie

In particolare, su Cathay sono stati violati i sistemi che contenevano i nomi dei passeggeri, nazionalità, data di nascita, numeri di telefono, indirizzi, numero di passaporto e/o documento d’identità, numero del programma fedeltà, note del servizio clienti e lo storico dei viaggi, ma in nessun caso sembra esserci stato un accesso completo agli account dei clienti.

Sono stati violati i dettagli di 430 carte di credito ma 403 di queste erano scadute, 27 erano invece attive ma non sono stati sottratti i codici di sicurezza di queste. Rispetto al data breach di British Airways dello scorso 7 settembre, che aveva coinvolto il solo sistema di pagamento, il data breach di Cathay Pacific fa presumere una violazione ben più profonda dei sistemi.

Per pura coincidenza, nella stessa giornata del 25 ottobre anche British Airways ha rilasciato un comunicato dove informa che, in seguito alle indagini partite ai primi di settembre dopo la scoperta di un primo data breach occorso a fine agosto, i dati di ulteriori 185.000 account di clienti sono stati sottratti nel periodo compreso tra il 21 aprile e il 28 luglio 2018. In questo caso si tratta di clienti che hanno utilizzato il sito della compagnia aerea per prenotare un viaggio premio (utilizzando le miglia) ma a cui sono comunque stati sottratti i dati della carta di credito (anche per i biglietti premio si devono pagare le tasse).

77.000 di questi record contenevano i dati dei clienti (nomi ed indirizzi) oltre ai dettagli delle carte di pagamento inclusi data di scadenza e codici di sicurezza, mentre i restanti 108.000 record non contenevano i codici di sicurezza; a tutti questi 185.000 ulteriori clienti affetti dal data breach, British Airways ha inviato una mail per informarli di quanto hanno scoperto attraverso le indagini forensi ed offrendo un anno di servizi di monitoraggio del credit rating e contro il possibili furti o abusi d’identità attraverso una società specializzata in questo tipo di servizi.

Data breach di Cathay Pacific: tutti i dettagli

Cathay Pacific ha informato i clienti interessati il 25 ottobre con una e-mail nella quale ammetteva che “in seguito a controlli di sicurezza IT di routine sui sistemi abbiamo scoperto accessi non autorizzati ad alcuni dati dei passeggeri. Le attività sospette sono iniziate a marzo 2018, in seguito alle quali sono state adottate misure per contenere il problema e sono partite le indagini con l’aiuto di una società leader nella cyber security. Allo stesso tempo, sono state adottate misure per rinforzare la sicurezza dei sistemi e a maggio 2018 è arrivata la conferma di accessi a dati personali dei clienti. Da quel momento le indagini sono proseguite volte ad individuare quali clienti fossero stati esposti e ricostruire quali i dati sottratti”.

Anche in questo caso la compagnia ha offerto ai clienti un monitoraggio dei propri dati sulla rete informandoli qualora qualcuno di questi venisse esposto: il servizio è fornito dallo stesso fornitore scelto da British Airways ma sembra essere meno sofisticato da quanto offerto dalla compagnia britannica.

Intanto arriva la sanzione a Facebook per il caso Cambridge Analytica

Mentre proseguono le indagini in merito a questi due clamorosi data breach, nel Regno Unito Facebook è stata raggiunta da una multa di 645.000 dollari (500.000 sterline) per lo scandalo Cambridge Analytica, il massimo possibile previsto dal Data Protection Act del 1998 a cui fa riferimento questa violazione di dati perché occorsa prima dell’entrata in vigore con sanzioni del GDPR. Se la violazione si fosse svolta dopo il 25 maggio 2018, rifacendoci al bilancio 2017 del gigante dei social media ovvero 40 miliardi di dollari, la sanzione poteva essere di ben 1,6 miliardi di dollari, il 4% del fatturato mondiale.

Data breach di Cathay Pacific, British Airways e Facebook nell’era del GDPR

Possiamo quindi dire che il GDPR sta funzionando? Nel caso di British Airways, la notifica è arrivata agli utenti dopo “solo” tre settimane dalla scoperta del primo evento, ma per l’altro evento, reso noto giovedì 25 ottobre e che si è scoperto in seguito ad altre indagini approfondite, siamo ad oltre 6 mesi.

Se il GDPR afferma che le aziende devo notificare un data breach alle autorità entro 72 ore dalla momento in cui viene scoperto, scoprirlo con 6 mesi di ritardo certamente non gioca a favore dell’azienda, soprattutto per British Airways che non è nuova a violazioni degli account dei suoi frequent flier (marzo 2015) ed a numerosi fermi causati da malfunzionamento dei sistemi informatici dell’azienda, più volte negli ultimi 3 anni.

Offrire un anno di servizio di monitoraggio contro possibile truffe finanziarie o furti d’identità è il minimo sindacale che British Airways potesse offrire ai propri clienti ma fa riflettere se i nostri dati siano veramente gestiti in maniera oculata e sicura. Staremo a vedere come le autorità interpreteranno la norma e che sanzione verrà comminata.

Se consideriamo invece Cathay Pacific, la situazione non è molto più confortante: ci sono voluti oltre 7 mesi di indagini tra riconoscere un sospetto data breach e classificarlo come tale, mentre i dati compromessi degli utenti sono rimasti disponibili nelle mani degli hacker che hanno perpetrato il furto senza che gli stessi utenti vittima della violazione di dati avessero la minima idea di cosa stesse succedendo, prima di essere informati finalmente.

Se è vero che a livello di carte di credito ben poca cosa è stata sottratta, Cathay Pacific, una volta appurato che un breach era effettivamente avvenuto, invece di informare i clienti, ha speso 5 mesi per analizzare i suoi record, andando ad individuare quali record di 9,4 milioni di clienti fosse stato sottratto: un lavoro enorme che fa riflettere sull’opportunità di questo approccio e sull’inadeguatezza della risposta in termini di tempo: non è dato sapere quando le autorità siano state avvertite ma informare gli utenti 8 mesi dalla scoperta della prima sospetta violazione è sicuramente troppo.

Un’analisi critica dei data breach

Quello che si vuole sottolineare è che le aziende devo prendere in seria considerazione ogni sospetto data breach ed iniziare immediatamente le analisi che, si sa, possono durare a lungo (e quindi costare molto), anche perché, ed i casi sopra citati lo dimostrano, non è così facile ricostruire l’accaduto e quando succede un data breach si è chiamati a adempiere ad una serie di incombenze e a rispondere ad una serie di eventi che possono verificarsi:

  1. le autorità vanno informate per tempo (72 ore) e faranno partire le loro indagini per capire se i dati fossero protetti e le procedure corrette ai fini del GDPR (si rischiano sanzioni);
  2. bisogna trovare la falla o le falle per evitare altre fughe di dati o la compromissione della propria azienda;
  3. è possibile che si debba effettuare un fermo, una volta trovata la falla, per verificare che la rete ed i sistemi siano sicuri e “puliti”;
  4. bisogna verificare quali dati sono stati compromessi e/o sottratti, vanno ricostruiti gli archivi e verificati gli archivi rimanenti per essere sicuri che siano ancora validi;
  5. bisogna capire come vi sia stata una violazione, quali sistemi sono stati interessati e come le diverse componenti non hanno funzionato e riconciliare quanto sottratto con i legittimo proprietari dei dati, che andranno informati;
  6. vi possono essere danni monetari o violazioni di sistemi di pagamento o violazione di account dei sistemi e sottrazione illegittima di credenziali, e-mail, dati di pagamento;
  7. bisogna prepararsi ad azioni legali da parte dei clienti e mettere in atto azioni per il recupero della credibilità.

Insomma, un lavoro enorme a cui bisogna pensare e prepararsi prima che accada un evento o si rischia di rimanere schiacciati.

Per potere procedere speditamente con le indagini è necessario avere a disposizione un set dei log di sistema da analizzare, cosa che peraltro è un requirement del GDPR ed è preferibile averne uno storico più completo possibile: i casi sopra citati sono andati a ritroso di 6/8 mesi, ma se consideriamo Facebook/Cambridge Analytica si va indietro di anni.

Le polizze cyber insurance più corazzate coprono i costi di indagine forense, i costi di ricostruzione dei dati e proteggono le aziende da eventuali danni arrecati a terzi, ma soprattutto forniscono quel set di log di sistema utile e necessario per procedere alle indagini e che sarà possibile utilizzare davanti ad un giudice ai fini del GDPR per individuare le responsabilità: avendo questi dati a disposizione si potrà accorciare di molto il tempo di analisi, andando anche a contenere eventuali conseguenze di un data breach dai danni diretti fino ad arrivare al danno reputazionale. Senza contare che una risposta immediata ed una informazione precisa e puntuale nei confronti dei clienti avrà un impatto positivo anche nel contenimento di eventuali sanzioni.

Il data breach, se non è possibile evitarlo, è un qualcosa che dobbiamo imparare ad affrontare ed a conviverci. Ma solo chi imparerà a gestirlo ne subirà l’impatto reputazionale minore e saprà superarlo uscendone al meglio; ignorarlo, non imparare a gestirlo o rispondere in ritardo può costare un prezzo veramente alto.

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