LA GUIDA PRATICA

Smart working, dall’emergenza alla quotidianità: principi guida e soluzioni applicative

Il sistema di smart working sarà maturo quando saprà entrare nella quotidianità: l’esperienza, derivata dal lavoro in emergenza di questi mesi, ha fornito le basi per individuare i principi guida e tre ambiti da far evolvere per garantire le condizioni di una soluzione robusta, ben indirizzata, da attuarsi quando serve

Pubblicato il 22 Lug 2020

Luigi Sbriz

Cybersecurity & Privacy Senior Consultant

Smart working principi guida e soluzioni applicative

In questi mesi di sconvolgimento delle abitudini di milioni di persone a causa della pandemia di Covid-19, è stato messo in crisi il paradigma del posto di lavoro configurato fisicamente dentro l’azienda e solo lì: al di là di qualsiasi cavillo burocratico, senza alcun discussione se fare o se no, si è fatta strada la necessità di portarsi il lavoro a casa adottando politiche di smart working che però, in molti casi, non hanno seguito i principi guida per una efficiente gestione o applicato le corrette soluzioni applicative.

Ora che si è passati dall’emergenza alla quotidianità, è dunque utile fare il punto della situazione per non trasformare lo smart working in un noioso lavoro a distanza.

Smart working: lo scenario attuale

A casa, per necessità, è dunque comparso un nuovo incomodo, il lavoro. Con buona pace dei precetti del benessere psicofisico della persona secondo cui al rientro a casa si devono abbandonare i cupi pensieri della giornata lavorativa per immergersi nella tranquilla quiete casalinga e rigenerare il corpo e lo spirito.

Ma davvero il lavoro a casa è un incomodo? Forse no.

È il benvenuto e senza alcun rimpianto si può passare dalla “home sweet home” intesa come culla protettiva che ci separa dai pericoli del mondo al concetto di “small office, home office” (SOHO) come luogo personale dove vivere e lavorare ma, beninteso, solo dopo aver trovato il giusto equilibrio.

L’esperienza di questo periodo ha fatto emergere ansie e timori ma anche improvvisazione e soluzioni il più delle volte affrettate. Sembra una nuova strada, non ben tracciata, forse è ancora uno sterrato ma indica una direzione ben precisa. Va percorsa se non per necessità almeno per curiosità.

Se da soluzione temporanea si attua un cambio permanente nel modello lavorativo, integrando sistematicamente (ove possibile) nei processi interni la modalità di operare in remoto, le prospettive di ingenti impatti nella società diventano inevitabili. In maggior misura sono effetti benefici, in particolare per un’attenuazione dei picchi nella mobilità, con tutte le conseguenze positive del caso, ed una maggior flessibilità del tempo individuale, con miglioramento della qualità della vita.

Ci sono delle condizioni che concorrono a rendere effettivo ed efficace il modello dello smart working. Provandolo, dall’esperienza nata dalla necessità di essere operativi allo stesso livello di performance del lavoro in ufficio, ci si rende conto che ci sono tre contesti che devono operare sinergicamente:

  1. il lavoratore che rende disponibile la propria risorsa abitativa;
  2. l’azienda che rivede i propri processi organizzativi;
  3. il gestore del servizio di comunicazione dati che rende disponibile con la giusta qualità i mezzi di trasmissione dati a distanza.

Poiché tre è il numero perfetto, proviamo ad identificare tre principi guida per ciascun contesto in modo di indirizzarne il suo corretto modo di operare. Sono contesti che devono cooperare per la buona riuscita finale garantendo comportamenti individuali, operativi e commerciali assolutamente leciti.

Più che alle classiche logiche del profitto illimitato, i tre contesti dovrebbero interagire tra loro con le logiche proposte dal framework ITIL4 per creare un sistema basato sul valore dei servizi. Sintetizzando alcuni concetti: collaborare, pensare e lavorare olisticamente, soluzioni semplici e pratiche, progredire iterativamente partendo con ciò che si ha, considerare sempre il valore atteso, migliorare e automatizzare.

Le logiche sono di buon senso ma spesso non è banale l’applicazione. A volte il lavoratore approfitta della propria condizione di maggior flessibilità, l’azienda perde fiducia ed impone controlli irragionevoli con effetti negativi sia nel rapporto con il dipendente che nelle performance, il gestore della comunicazione dati segue solo il profitto e tralascia la qualità.

È indubbio che la fiducia nasce dalle evidenze dei controlli e questi, per essere attuati efficacemente, hanno bisogno di un ambiente funzionante e ben definito. Il tema del controllo si affronta a livello di progetto della soluzione bilanciando costi e benefici e non a posteriori o slegato da essa.

Principi guida dello smart working: l’organizzazione di casa

Il primo ambito da organizzare è la propria casa. Superando l’emergenza, si pone il problema di rendere permanente l’eventuale soluzione trovata per essere in grado di capire che ci si immerge in un ambiente diverso da quello familiare. Va creato un vero ufficio in miniatura in casa. I tre principi sono:

  1. dedicare un area di lavoro solo per questo scopo;
  2. curare la giusta illuminazione dell’area;
  3. garantire la giusta insonorizzazione dai rumori esterni.

Non può essere l’angolo videogiochi o il laptop sopra il frigorifero da usare mentre si cucina. Il modello di riferimento è un SOHO. Un’area attrezzata con gli strumenti per ricreare le condizioni per emulare l’ambiente lavorativo dell’ufficio, solo più in piccolo. Un “pretty office”, uno small office personalizzato come meglio si crede ma sempre creato con il concept dell’ufficio e non dell’area di ripiego dentro casa. Fondamentale, non condiviso con altre attività.

Allora, sul piano di lavoro si posizionano mezzi di lavoro pensati per un attività stabile e non di mobilità. Un desktop all-in-one rende più l’idea del posto di lavoro rispetto al laptop che fa pensare ad un’attività precaria e veloce. Risolve i problemi dello spazio (si può ancorare alla parete) e presenta una superfice video molto ampia per un agevole lavoro a finestre multiple.

L’ampiezza del piano deve consentire di disporre senza sforzo tutti gli strumenti in uso per il proprio lavoro. Cuffie, tastiera, mouse, microfono, altoparlanti, hard-disk esterni, smartphone, tablet, …. L’eventuale stampante meglio se distanziata e con un buon riciclo d’aria. L’ergonomia del posto di lavoro è importante e deve seguire le regole auree. Anche la sedia ergonomica contribuisce sia a rafforzare l’idea dell’ambiente di lavoro che di affrontare senza controindicazioni le ore lavorative.

Non solo si deve pensare all’illuminazione del piano di lavoro ma anche della propria persona. L’uso di strumenti di video comunicazione richiede di pensare a priori a posizionare correttamente i punti luce. Il lavoro si svolge in modo continuativo e ripetitivo. La ricerca di ricreare le condizione dell’ufficio originale, richiede che il corretto posizionamento delle fonti luce e di ogni altro strumento disponibile avvenga in anticipo al lavoro stesso e mai prima o durante una conference. Evitare assolutamente lo stress da continue configurazioni per tentativi per essere online con tutti i servizi necessari.

Ulteriore punto è di assicurare la creazione di un ambiente isolato ove concentrarsi sul lavoro e non sulla casa (condizione primaria per essere efficienti). Ritagliare un angolo di una stanza, se frequentata anche da altri, non garantisce la tranquillità lavorativa. Viceversa, durante una call si deve poter parlare con un volume idoneo senza timore di svegliare qualche ospite casalingo. Non si deve essere disturbati e non si deve disturbare. La barriera con le altre parti della casa deve essere fisica, meglio se isola anche visivamente.

Il risultato deve essere un ambiente asettico all’interno della propria abitazione. In caso di appartamento probabilmente si deve scendere a dei compromessi ma nella scelta di nuovi locali abitativi queste esigenze devono essere incluse. Tutto questo è un indubbio costo, sicuramente, ma lo vedremo nel contesto seguente.

Principi guida dello smart working: la cyber security

Il secondo ambito da considerare è la capacità aziendale a far operare in remoto i propri dipendenti che possono erogare la propria prestazione lavorativa indipendentemente dalla presenza fisica in azienda. Per l’azienda, i tre principi sono:

  1. assicurarsi dell’identità certa di chi si connette;
  2. garantire un canale sicuro per trattare dati riservati;
  3. creare consapevolezza dei rischi con formazione specifica.

Le misure da adottare da parte dell’azienda sono di natura tecnologica ed organizzativa. Cominciamo dalla tecnologia. Stando a casa viene a mancare l’identificazione fisica del soggetto che accede all’area aziendale. Il controllo d’accesso fisico è sostituito da un controllo digitale. Non esiste una risposta univoca su qual è la miglior tecnologia da adottare. Dipende dal proprio contesto e dall’analisi di rischio attuata in funzione di questo controllo.

Solo qualche raccomandazione. La pura tecnologia non basta. Entra in gioco anche la fiducia. Sulla scelta della tecnologia si deve prediligere i parametri di robustezza e semplicità nonché controllare periodicamente che la soluzione adottata sia allineata allo stato dell’arte dell’identity management. La fiducia va costruita a priori, proporzionale alla classificazione dei dati e formalizzata con un NDA.

Il canale sicuro è l’ultimo passo del paradigma della protezione a strati. I canali di comunicazione tra gli strati devono garantire il livello di riservatezza proprio di quel livello per evitare falle. La VPN, la segregazione delle sotto-reti, gli intrusion detection systems, i software di contrasto ai malware, in generale tutte le tecniche di protezione della rete si devono attivare in modo pragmatico e non formale. Devono semplicemente essere ben dimensionati e funzionare bene. L’intrusione deve essere evitata. Falsa identità ed intrusione sono i principali rischi operativi del remote working.

A livello organizzativo si devono attuare le misure per ingenerare nelle persone la consapevolezza dei nuovi rischi e fornire i mezzi per contrastarli.

Il passo primo è di riconoscere le situazioni di pericolo informatico specifiche nel lavoro da casa. Una solida formazione, ripetuta nel tempo con livelli variabili di dettaglio, fornisce la basi per affrontare queste situazioni di rischio. I mezzi effettivi di contrasto devono essere erogati di conseguenza. Vanno create le condizioni di un normale lavoro d’ufficio solamente svolto a casa, l’emergenza in futuro non sarà più ammissibile. Ad esempio, regola di scadenza delle password rimossa perché si teme che non ci siano le capacità per il cambio in remoto. Decisione infelice, è evidente che non si ha fiducia nella formazione erogata.

I mezzi da adottare per attuare la connessione devono essere valutati ponderando i benefici ed i costi tra le innumerevoli soluzioni. Alcuni anni fa ha cominciato a diffondersi la politica gestionale del Bring Your Own Device (BYOD). Torna ora veramente utile nel contesto casalingo. I framework per ospitare nella rete aziendale dispositivi di proprietà del dipendente sono oramai ben collaudati. Le regole devono essere riviste per considerare che l’uso strettamente personale è predominante. Quindi i software aziendali che si installano non sono più imposti ma concordati e devono essere molto meno invasivi e molto chiara la possibilità della loro esclusione.

Si deve anche considerare una giusta compensazione per il buon funzionamento delle risorse messe a disposizione dal dipendente. In fin dei conti, il livello qualitativo della postazione remota è un’esigenza aziendale e non individuale. Inoltre, è necessario creare un clima di reale fiducia e collaborazione per sopperire alle aree di controllo non coperte dalla tecnologia. I saving sui costi entrano in gioco nella analisi costi-benefici ma non devono mai essere un driver qui, altrimenti il danno aziendale è assicurato. Può diventare come il pagamento di un canone di locazione (di entità ridotta), un costo periodico per il servizio di affitto dell’ambiente di lavoro casalingo.

Considerando che la postazione è innanzitutto usata per attività personali con strumenti social del dipendente non si può pretendere di avere l’uso esclusivo del dispositivo. Si ritorna al paradigma del terminale connesso al mainframe. Un tiny client con least privilege per accedere ai sistemi aziendali o alle applicazioni necessarie (messaggistica, conferencing…). Livelli di sicurezza superiori si concordano e si forniscono tutte le nozioni necessarie al dipendente per comprendere l’attività dei software installati, le modalità d’uso e di esclusione.

Principi guida dello smart working: i servizi di comunicazione

Il terzo ambito riguarda la visione del fornitore di servizi di comunicazione. L’offerta erogata deve essere nel rispetto della sostenibilità sociale di tutte le aree residenziali. I servizi erogati ai cittadini di queste aree devono essere allineati alle nuove esigenze di lavoro svolto nell’unità abitativa.

Per il gestore di servizi di comunicazione dati, i tre principi ai quali dovrebbe attenersi sono:

  1. assicurare una qualità di banda idonea alle esigenze lavorative;
  2. garantire la copertura completa delle unità abitative del territorio;
  3. rendere sempre disponibili tariffe non a consumo per il mercato privato.

La qualità delle connessioni, finora in prevalenza offerta al mercato business, pur con le dovute limitazioni, diventa un’esigenza da condividere anche con il mercato privato. Attualmente l’offerta è poco attenta ad assicurare un livello di servizio al privato con livelli qualitativi idonei a supportare le attività lavorative da remoto.

La banda deve essere sufficientemente ampia a gestire sessioni in streaming, trasferimenti di dati anche voluminosi e con stabilità garantita nell’arco dell’intera sessione lavorativa. Nulla di più frustrante di partecipare ad una call con audio oscillante, poi durante il proprio intervento, improvvisamente ritrovarsi a parlare al proprio computer fuori rete e ricollegarsi quando gli altri non ci sono più.

L’ADSL non è sufficientemente performante e stabile. Le offerte wireless sono qualitativamente interessanti (basta una LTE a coprire le esigenze di banda) ma con problemi di effettiva ricezione del segnale e copertura non uniforme. L’esperienza di questi mesi ha portato a soluzioni ibride, primario ADSL flat e backup LTE a consumo.

La soluzione ideale è una fibra di taglio 100Mb/s, garantisce stabilità di servizio con banda sufficientemente ampia da essere considerata resiliente anche con cali di performance. Soffre di copertura insufficiente e sembra prediligere l’alta densità abitativa creando un antipatico (e non etico) digital divide tra zone meno popolate e quelle a maggior densità abitativa.

Il traffico generato può risultare elevato sia a causa degli streaming video che per la ridondanza dei dati aziendali trasmessi. Per sicurezza i dati aziendali stanno sui server aziendali. La cache va rimossa a fine sessione e ricreata se serve generando nuovo traffico.

La fibra è la giusta soluzione in quanto risponde alle esigenze di tariffa, velocità e stabilità, ma la copertura non è ancora quella attesa. Alla fibra si potrebbe sopperire con una connessione wireless (se coperto). In tal caso, l’offerta deve essere realmente in grado di coprire tutto il traffico generato. Non si possono contare i byte che transitano, si deve rimanere concentrati sul lavoro. A traffico illimitato è l’ideale ma niente note interpretative in calce, ad esempio, 100Giga e la parola illimitati hanno il medesimo significato. La correttezza commerciale è dubbia mentre l’inadeguatezza per lo smart working è certa.

Molta strada digitale deve essere stesa per garantire un servizio di qualità in modo uniforme con tariffe adeguate alle esigenze. Una buona metrica per misurare il livello di questo servizio è di paragonarlo alla diffusione di altri servizi utili che raggiungono tutte le residenze.

Quando in tutte le abitazioni, dove già arriva l’energia elettrica o l’acqua, sarà disponibile anche la connessione dati di qualità, allora avremo superato le discriminazioni digitali. Questa è la metrica da usare e l’obiettivo da raggiungere.

Conclusioni

Il sistema di smart working sarà maturo quando saprà entrare nella quotidianità. L’esperienza, derivata dal lavoro in emergenza di questi mesi, ha fornito le basi per individuare tre ambiti da far evolvere per garantire le condizioni di una soluzione robusta, ben indirizzata, da attuarsi quando serve.

L’ambito casalingo deve prevedere una soluzione abitativa idonea ad essere organizzata come SOHO, meglio se stabile.

L’azienda deve essere in grado di attuare le misure di delocalizzazione dei posti di lavoro con lo stesso livello di sicurezza ed efficienza del lavoro svolto in sede.

Il gestore della comunicazione dati deve ambire a fornire un servizio qualitativamente idoneo alle nuove esigenze delle unità abitative. Il sistema è possibile anche se non sarà perfetto senza la cooperazione delle parti coinvolte.

Perseverare è diabolico ma la perseveranza a migliorare è la retta via (digitale) da seguire.

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