LA NORMATIVA

Controlli delle PA sulle attività economiche delle imprese: nuovo approccio con le tutele GDPR



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Dal 2 agosto 2024, i controlli che le PA sono tenute a fare sulle attività economiche delle imprese si semplificano. A stabilirlo è il D.lgs. 103/2024 innovativo nei suoi razionali, non seguendo più una logica punitiva, bensì preventiva e collaborativa improntata su una reciproca fiducia. Spieghiamo meglio

Pubblicato il 30 lug 2024

Chiara Ponti

Avvocato, Privacy Specialist & Legal Compliance e nuove tecnologie – Giornalista



Controlli sicurezza e privacy

I controlli sulle attività economiche da parte delle PA e sulle imprese, dal 2 di agosto 2024 non saranno più gli stessi. Non avranno più un approccio sanzionatorio, bensì improntati su un diverso spirito molto più collaborativo in ottica preventiva, “sulla base di una fiducia reciproca che incentiva i comportamenti virtuosi in un’ottica di premialità”.

A dichiarare ciò, è lo stesso Ministro della PA Zangrillo, come leggiamo da comunicato ufficiale. Il tutto anche grazie all’utilizzo di soluzioni tecnologiche. Capiamo meglio.

Controlli sulle attività economiche delle imprese: soluzioni tecnologiche

È interessante notare come all’art. 9 del D.lgs. 103/2024 in parola, il legislatore abbia previsto un “Utilizzo di soluzioni tecnologiche nelle attività di controllo”.

In pratica, nell’esercitare il controllo si potrà ricorrere a soluzioni tecnologiche, anche evolute.

Salvo che per i controlli della PA in materia fiscale, sarà possibile adottare, prevede la norma, “misure volte ad automatizzare progressivamente le proprie attività, […] ricorrendo a soluzioni tecnologiche, ivi incluse quelle di intelligenza artificiale in coerenza con il principio di proporzionalità al rischio secondo le regole tecniche finalizzate alla realizzazione degli obiettivi dell’Agenda digitale italiana”.

In altri termini, si potranno adottare anche sistemi di AI volti ad effettuare questo genere di controlli, purché tali soluzioni siano “tali da garantire la sicurezza e l’interoperabilità dei sistemi informatici e dei flussi informativi per la circolazione e lo scambio dei dati e per l’accesso ai servizi erogati in rete dalle amministrazioni che effettuano i controlli”.

I razionali della nuova normativa

La norma precisa in altri termini che, se le soluzioni tecnologiche contengono sistemi di IA, avvalendosi di approcci di apprendimento automatico o basati sulla logica e sulla conoscenza, nonché utilizzate per l’accertamento e la valutazione della non conformità, occorre che sia garantita la tracciabilità del funzionamento del sistema e la sua piena conoscibilità ai soggetti controllati (comma III).

Il comma 2 richiama il principio/diritto di (non) profilazione di cui all’art. 22 del GDPR evidenziando come la decisione algoritmica/automatizza non debba essere esclusiva e in ogni caso deve sussistere un controllo umano onde evitare la “discriminazione algoritmica” vietata.

Di qui, ancora una volta l’importanza delle misure tecniche e organizzative adeguate (art 32 GDPR) che le PA debbono mettere in campo.

D’altra parte, la protezione dei dati personali è un diritto fondamentale dei cittadini europei (artt. 7,8 Carta di Nizza).

Ancora, nel richiamare l’art. 22 del GDPR che disciplina il “processo decisionale automatizzato” relativo alle persone fisiche, compresa la profilazione, stabilendo che “l’interessato ha il diritto di non essere sottoposto a una decisione che produca effetti giuridici basata unicamente sul trattamento automatizzato, compresa la profilazione”. Rammentiamo che tale diritto può essere limitato, ai sensi del par. 2 del medesimo articolo, in specifici casi ovvero allorquando la decisione:

  1. sia necessaria per la conclusione o l’esecuzione di un contratto tra l’interessato e un titolare del trattamento;
  2. sia autorizzata dal diritto dell’Unione o dello Stato membro cui è soggetto il titolare del trattamento, che precisa altresì misure adeguate a tutela dei diritti, delle libertà e dei legittimi interessi dell’interessato;
  3. si basi sul consenso esplicito dell’interessato.

In ogni caso il titolare del trattamento è comunque tenuto ad attuare misure appropriate per tutelare i diritti, le libertà e i legittimi interessi dell’interessato, e per conseguenza l’interessato ha il diritto di ottenere l’intervento umano, di esprimere la propria opinione e di contestarne la decisione.

Profili di novità e la spinta della compliance privacy

Il D.lgs. 103/2024 in parola ha quindi un impatto indiretto in ambito privacy.

Ciò lo si evince dall’articolato così come è contenutisticamente composto e in particolare da:

  1. fascicolo informatico d’impresa, strumento che può essere utilizzato anche per raccogliere informazioni circa la gestione dei dati personali, facilitando i controlli del Garante privacy;
  2. semplificazione dei controlli maggiore grazie alla quale è possibile incentivare le imprese a investire in sistemi di gestione privacy più efficienti, in quanto i controlli stessi saranno meno invasivi;
  3. riduzione delle sanzioni, vista la possibilità di ricevere una “diffida” anziché una sanzione per le prime violazioni sicché è auspicabile che le imprese porranno fin da subito maggiore attenzione alla compliance privacy, onde evitare sanzioni più pesanti dopo.

L’approccio basato sul rischio

Da ultimo, ci soffermiamo sull’approccio ancora una volta basato sul rischio; il che vuol dire canalizzare prioritariamente le energie e le risorse ispettive verso situazioni in cui il rischio di inadempimenti e di inosservanza degli obblighi sia di gravità e di probabilità nell’ accadimento più elevate.

Di qui, l’importanza della programmazione dei controlli e delle relative verifiche con intervalli temporali correlati alla gravità del rischio: più è elevato l’impatto del rischio maggiore sarà la frequenza.

Sarà poi necessaria la costituzione di un sistema interdipendente di valutazione del rischio, a dimostrazione di un idoneo livello teso a giustificare un minore effort nell’accertamento.

Evidentemente in questo contesto, un operatore economico che su base volontaria, decida di certificarsi sarà avvantaggiato nell’ottenere un report di terza parte che attesti, dopo averlo valutato, il “rischio basso”.

Conclusioni

In definitiva, il decreto in commento, grazie a come è stato congeniato e prevedendo una serie di principi e strumenti comuni, è riuscito a coniugare – quanto meno sulla carta – la necessità di verifiche efficaci con il bisogno di dare continuità alle attività economiche, liberandole da una serie di svariati obblighi spesso vissuti prima come sproporzionati ed eccessivi.

Di qui, il pregevole sforzo di “semplificazione” messa in atto.Ecco perché questo decreto, in conclusione, pur non essendo una normativa specificamente dedicata alla privacy, riuscirà a contribuire un contesto facilitatore per la compliance privacy; o almeno si spera.

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