Abbiamo già visto in precedenza che, con lo scoppio del conflitto russo-ucraino, l’intelligence militare ha ritrovato un ruolo centrale, in particolare negli Stati Uniti e in UK, che hanno condiviso informazioni segrete con l’Ucraina.
Una strategia di comunicazione esplicita e pervasiva, che ha lo scopo di mostrare la compattezza dell’Occidente.
Le indiscrezioni diffuse, se da una parte potrebbero essere state il frutto di una soffiata non coordinata, dall’altra potrebbero anche avere avuto l’obiettivo preciso di lanciare un forte segnale alla Russia di una coesione occidentale e di una potenza dell’intelligence americana al fianco dell’Ucraina, come persuadere Putin a porre fine al conflitto, facendogli credere di non avere speranze di poterlo vincere.
Guerra e comunicazione “militare”: come sta cambiando l’intelligence e perché
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Un conflitto “open source”
In tal senso, possiamo parlare di conflitto open source e di primo conflitto che si gioca sul campo anche attraverso la condivisione di immagini in tempo reale, da parte dei militari e da parte della popolazione, oltre che da parte dell’intelligence, appunto, che diffonde le immagini satellitari declassificate.
Questo nuovo modo di fare guerra, che non convince gli esperti in merito a una sua applicazione a tutti i prossimi conflitti, dipendendo dalla reattività dell’opinione pubblica, ha portato i governi ad essere più interessati alla declassificazione delle informazioni e ad una più stretta collaborazione tra istituzioni pubbliche e private.
Per citarne alcune, quella con Maxar, azienda di tecnologia spaziale con sede a Westminster, Colorado, Stati Uniti, specializzata nella produzione di satelliti per comunicazioni, osservazione della Terra, radar e servizi in orbita, prodotti satellitari e servizi correlati, e quella con Planet Labs PCB, società pubblica americana di imaging della Terra con sede a San Francisco, in California, che visualizza quotidianamente l’intera Terra per monitorare i cambiamenti e individuare le tendenze.
Questi dati vengono inviati agli Stati Uniti e ai governi alleati, ma anche, appunto, all’Ucraina per supportarli nella difesa e a gruppi umanitari per mappare le zone più a rischio e far evacuare in sicurezza i civili.
Le immagini satellitari non sono solo ottiche, ma questi satelliti riescono ad attraversare le nuvole e a fare il loro lavoro anche di notte, così come ce ne sono altri capaci di catturare segnali elettronici, anche questi utili per il tracciamento delle truppe russe.
Se da una parte i satelliti commerciali rispetto a quelli spia non rilasciano immagini di alta qualità, dall’altra consentono, però, la condivisione agile dei contenuti senza restrizioni di sicurezza.
È importante sottolineare che l’utilizzo di questi mezzi, oltre a favorire un’azione difensiva più mirata alle truppe ucraine, permette anche di dare informazioni preziose per l’opinione pubblica, esponendo la distruzione dei civili e i potenziali crimini di guerra.
Satelliti spia commerciali: così stanno cambiando la prospettiva della guerra
L’intelligence del terzo millennio
Franco Gabrielli, sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio, si è espresso in merito sostenendo che “È importante rimanere cauti sul fatto che l’utilizzo delle informazioni di intelligence in maniera diffusa possa segnare una discontinuità o una novità, intanto perché è necessario comprenderne gli effetti reali: se l’obiettivo era quello di disincentivare i russi da un’operazione militare aggressiva, ad esempio, non è stato raggiunto”. Questa diffusione continua di informazioni, per la mancanza di verifica causata dalla grande quantità e dalla velocità di condivisione, può provocare facilmente il dilagare della disinformazione in quel processo che è stato chiamato infodemia.
Secondo Adriano Soi, docente di Security Studies presso la Scuola “Cesare Alfieri” dell’Università di Firenze, questa nuova impostazione data per la prima volta ad un conflitto bellico non rappresenterà la regola, ma rimarrà, per il momento, un’eccezione, così come lo rimarranno le varie attività che ne sono state protagoniste, tra cui l’annullamento dell’effetto sorpresa delle invasioni. Soi ritiene che, più che parlare di conflitto per immagini, si dovrebbe parlare di conflitto tra analisti e che siamo entrati nell’”intelligence del terzo millennio”, che necessita un potenziamento del reparto di analisi per poter competere realmente a livello mondiale.
Qual è la vera novità
Se siamo di fronte al primo conflitto che può essere definito open source, non è di certo nuovo l’aspetto mediatico e propagandistico: basti pensare alla Prima e alla Seconda guerra mondiale. Giovanni Orsina, direttore della Luiss School of Government e professore di Storia contemporanea, crede che “se questa situazione da un lato è positiva, perché in una democrazia liberale il fatto che i cittadini siano coinvolti anche in eventi così complessi e delicati come un conflitto significa che questa gode di buona salute, dall’altro ci sono aspetti delicati e complessi. Il coinvolgimento dell’opinione pubblica, infatti, può finire per alimentare in forma troppo accelerata anche dei processi di moralizzazione dei conflitti”.
Il rapporto tra comunicazione, moralizzazione e politica, secondo Orsina, va ripensato verso un maggiore equilibrio che permetta al piano politico di non passare troppo in secondo piano, con i processi di radicalizzazione che ne conseguono.
Anche il sottocapo di Stato Maggiore della Difesa pone l’accento sul fatto che non è nuovo l’utilizzo dei satelliti di osservazione, ma è nuova la presenza sempre più massiccia di entità private nello spazio, come abbiamo già sottolineato, il problema sta nella mancanza di regolamentazione adeguata che consenta il giusto controllo e la massima difesa dello Spazio, considerando che è già terreno fertile di azioni a livello militare.