L'APPROFONDIMENTO

L’AI aiuterà a riequilibrare gli stipendi o creerà maggiore divario? Le sfide tecnologiche

Man mano che l’intelligenza artificiale sostituirà compiti manuali e ripetitivi, i ruoli dei lavoratori potrebbero diventare più complessi e quindi meglio remunerati. Ma occorrerà monitorare lo sviluppo tecnologico per evitare la creazione di ulteriore squilibrio nel mondo lavorativo. Ecco le sfide che ci attendono

Pubblicato il 24 Nov 2023

Davide Bruseghin

Osint Junior Analyst, Hermes Bay

Intelligenza artificiale generativa: rischi per la cyber security e nuove opportunità per proteggersi meglio

Anche se l’intelligenza artificiale potrebbe eliminare alcune delle mansioni più meccaniche e ripetitive, timore diffuso soprattutto nei settori industriali, gli esperti sono sicuri che non sostituirà gli esseri umani nella forza lavoro.

Si prevede, infatti, che lavoratori e macchine probabilmente collaboreranno e che man mano che l’intelligenza artificiale sostituirà compiti manuali e ripetitivi, i ruoli dei lavoratori potrebbero diventare più complessi.

Invece, i lavoratori saranno idealmente in grado di produrre di più e meglio concentrandosi sui compiti distintamente umani che l’IA non è ancora pronta a sostituire, ad esempio gli approcci creativi alla risoluzione dei problemi e alla comunicazione interpersonale.

Come misurare e rendere affidabile un sistema di intelligenza artificiale

Riequilibrare gli stipendi: gli impatti positivi dell’IA

È facile pensare che i salari aumenteranno in tandem se i lavoratori si spostano in ruoli più impegnativi intellettualmente o sperimentano un aumento della produttività quando approfittano dei vantaggi dell’IA.

Dopo tutto, la remunerazione dovrebbe aumentare se le descrizioni del lavoro cambiano e i dipendenti incrementano la loro efficacia.

I datori di lavoro si rivolgeranno ai computer se le macchine possono svolgere compiti svolti dagli esseri umani in modo più conveniente.

Tuttavia, quando i costi diminuiscono, può verificarsi un aumento della domanda complessiva di un servizio, probabilmente fino al punto in cui equilibra l’aumento dell’uso delle macchine.

Non esiste una regola che specifica quale effetto avrà la precedenza. Un esempio riguarda il settore relativo alle traduzioni linguistiche: sebbene il numero di traduttori negli Stati Uniti sia aumentato finora, il loro salario reale è leggermente diminuito, probabilmente a causa della professione che oggi richiede meno competenza.

Si ridurranno le ore lavorative

Tra gli impatti positivi che l’introduzione di tecnologie avanzate di IA potrebbero portare vi è sicuramente quello della riduzione delle ore lavorative.

Secondo un recente report di Autonomy, un think tank indipendente che studia il futuro del lavoro e della pianificazione economica, quasi un terzo della forza lavoro del Regno Unito arriverebbe a ottenere una settimana lavorativa di quattro giorni entro il 2033.

Infatti, con le istruzioni e le informazioni corrette, gli strumenti di IA generativa, come i chatbot di OpenAI e di Google, possono produrre contenuti molto vicini a quelli prodotti da umani in pochi secondi, inclusi articoli interi o piani di business, ottimizzando molti processi organizzativi e di pianificazione.

Secondo gli autori del rapporto GPT-4 (Day Week), l’IA può consentire a 8,8 milioni di lavoratori del Regno Unito, ovvero il 28% della forza lavoro, di lavorare 32 ore settimanali, equivalenti a quattro giorni di settimana lavorativa. Nel frattempo, altri 27,9 milioni di persone, ovvero l’88% della forza lavoro del paese, potrebbero vedere una riduzione di almeno del 10% del loro monte ore totale.

Le preoccupazioni sulla diffusione dell’intelligenza artificiale

Nonostante ciò che potrebbe accadere in alcune aziende, dove potrebbe verificarsi un aumento salariale quando i dipendenti assumono nuove responsabilità, alcuni esperti, esprimono scetticismo sulla possibilità che tutti i lavoratori sperimentino un incremento salariale, mentre l’IA li spinge a svolgere mansioni differenti e più complesse.

In un documento di ricerca del 2019 si leggeva che non ci si dovrebbe aspettare che l’automazione crei aumenti salariali commisurati alla crescita della produttività. Questo perché i guadagni finanziari realizzati grazie all’aumento della produttività dei lavoratori sono generalmente assorbiti dall’azienda e non trasferiti ai lavoratori come migliore retribuzione.

La maggior preoccupazione di gran parte dei lavoratori, soprattutto lavoratori manuali e con un livello di istruzione inferiore, è quella che l’intelligenza artificiale e la sua sempre più pressante presenza nel mondo del lavoro, possa influire efficacemente nell’acuire la già esistente disparità salariale.

Disparità salariali: le preoccupazioni degli italiani

Secondo un’indagine recentemente effettuata, si rileva che la maggioranza degli italiani teme che l’intelligenza artificiale possa avere effetti negativi sui salari e portare a una diminuzione del personale nelle imprese.

Condotta su un campione di mille italiani di età superiore ai 16 anni, l’indagine mostra che il 53% dei partecipanti è preoccupato riguardo all’effetto dell’intelligenza artificiale sugli stipendi. La preoccupazione principale è che, per molti, ciò potrebbe tradursi in una riduzione delle ore lavorate con conseguente calo del salario.

Dalla ricerca emerge chiaramente che per circa il 70% degli italiani, l’intelligenza artificiale contribuirà ad accentuare ulteriormente la disparità salariale, aggravando le già esistenti disuguaglianze.

In particolare, si nota che il livello di istruzione, sia esso elevato o meno, sarà determinante nella determinazione delle retribuzioni, più di quanto lo siano l’età, il genere o la posizione geografica.

Nonostante ciò, c’è anche una buona fetta di lavoratori che cercano di vedere i risvolti positivi dell’utilizzo dell’IA nel mondo del lavoro, soprattutto per il fatto che saranno delegate all’IA mansioni manuali ripetitive, così che i dipendenti avranno più tempo da dedicare ad incarichi più complessi e strutturati.

Aspetti positivi dell’implementazione dell’IA

È da qui però che bisogna trarre gli elementi positivi dell’implementazione dell’Intelligenza Artificiale nel mondo del lavoro: dal fatto che mentre l’IA assume determinati aspetti predittivi e analitici di determinati lavori, al contempo libererà i lavoratori per diventare più efficienti nelle attività creative e decisionali che rimarranno prerogativa umana nel futuro prevedibile.

In tal senso, l’IA renderà alcuni di questi già ben retribuiti lavoratori più produttivi, aumentando ulteriormente i loro salari.

Studi recenti condotti, suggeriscono che i progressi nell’IA possono portare a una crescita occupazionale e salariale positiva per le professioni ad alto reddito.

Sebbene non tutti i lavoratori ad alto reddito trarranno beneficio dalla diffusione dell’IA, coloro che saranno sostituiti sono in una posizione migliore rispetto ai lavoratori a basso reddito.

Un uso intelligente e vantaggioso dell’intelligenza artificiale

In considerazione di ciò, conseguentemente alla diffusione sempre più massiccia dell’intelligenza artificiale nel mondo del lavoro, risulta necessario, alla luce di quanto emerso secondo le varie indagini e ricerche, prestare attenzione a quella fascia di lavoratori più vulnerabili affinché l’IA non implementi ulteriormente il gap salariale, già esistente, tra lavoratori a basso ed alto reddito.

Un uso intelligente e maggiormente vantaggioso dell’Intelligenza Artificiale sarebbe quello di creare posti di lavoro direttamente connessi all’uso dell’IA per creare catene di valore che si intersechino direttamente con le università e le scuole, in modo da sfruttare appieno la creatività giovanile.

Inoltre, in molti dei compiti in cui l’uomo è di fatto un attore passivo, l’IA supporterebbe un incremento dell’efficienza anche senza soppiantare completamente l’azione umana.

In ogni caso sarà da monitorare con attenzione lo sviluppo di questa tecnologia, in quanto la possibilità di creazione di ulteriore squilibrio nel mondo lavorativo potrebbe mettere a dura prova la tenuta sociale delle realtà economicamente più a rischio.

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