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AI e sregolatezza normativa



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Gli scenari dell’intelligenza artificiale affrontano il dilemma della regolamentazione a riguardo, oscillando fra pericolose tentazioni di overregulation e deregulation. Ecco, dunque, che un legislatore virtuoso dovrebbe però non solo collocarsi nel mezzo, ma badare anche a come fare le regole

Pubblicato il 19 dic 2025



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Credits to: Stefano Gazzella – https://www.linkedin.com/in/stefano-gazzella/
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Qualcuno potrebbe dire, provocatoriamente, che la regolamentazione sull’intelligenza artificiale è qualcosa di cui non sentivamo certamente il bisogno.

Eppure, poiché ci sono stati una pluralità di interventi normativi a riguardo, il bisogno evidentemente c’è stato.

Si può discutere sul come e dunque sulle scelte di un legislatore che, come spesso capita quando il diritto si occupa di tecnologia, alcune volte si è dimostrato non in grado di predisporre un framework adeguato.

Pensare di fornire un quadro normativo completo a una tecnologia emergente come quella dei sistemi di intelligenza artificiale è un fenomeno allucinatorio prettamente umano, ma questo non significa dover recedere da ogni intento a riguardo.

Questo non deve essere una scusa per indulgere nel micromanagement ma piuttosto per andare verso l’elaborazione e il consolidamento di principi, regole di responsabilità e la ricerca di strumenti di soft law.

Favorire regole chiare e non contraddittorie, coordinate con la capacità di enforcement e, soprattutto, che tengano conto delle conseguenze e degli impatti sul mercato e sui diritti individuali è indispensabile per conciliare l’evoluzione tecnologica con le tutele individuali e collettive.

Il falso dilemma: overregulation o deregulation?

Che sia preferibile un punto di equilibrio fra ipertrofia normativa e assenza di regole è (spesso) pacifico e condiviso. Il problema è dover mettere questo punto. E dal momento che il diritto non si compone di regole epistemiche o descrittive, dovrà sempre accettare un certo grado di sregolatezza.

Ad esempio, la proposta californiana del Transparency in Frontier Artificial Intelligence Act esprime una chiara scelta politica di tutelare determinati valori e regolamentare i modelli sin dalla fase di sviluppo per evitare un fallimento di sistema ma può confliggere con la tutela del know-how e del segreto industriale.

Allo stesso modo, l’ordine esecutivo di limitare la capacità degli Stati americani di legiferare sull’intelligenza artificiale propone diversi valori come prioritari, promuovendo uno standard federale ma aprendo ai rischi di una sospensione della regolazione.

Negli ambiti complessi, accelerati e mutevoli come quelli tecnologici e dell’AI, nessuna scelta politica o normativa potrà dirsi perfetta. Ma di sicuro, è auspicabile adottare quella meno imperfetta possibile.

Forse dovremmo fare un esercizio mentale ed abbandonare l’idea secondo cui serva per forza una regola per “salvarci” da qualsivoglia tecnologia. Piuttosto, dovremmo preferire ragionamenti secondo rischi, priorità, obiettivi e impatti.

Normare le frontiere tecnologiche in evoluzione richiede genio e sregolatezza, non paura.

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