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Sentinelle digitali: ai whistleblower la vigilanza sull’etica dell’IA in azienda



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L’Europa alza la posta sulla trasparenza e l’etica dell’intelligenza artificiale, attivando un nuovo strumento protetto di segnalazione (whistleblowing) specificamente dedicato alle violazioni dell’AI Act e che trasforma gli insider da figure marginali a elementi centrali della governance europea. Ecco perché

Pubblicato il 26 nov 2025

Tania Orrù

Privacy Officer e Consulente Privacy



Whistleblower Ai Act; Garante Privacy, il parere sulle indicazioni Anac per il whistleblowing: serve un tagliando di manutenzione

L’Ufficio Europeo per l’IA lancia un canale di segnalazione protetto e crittografato: il successo dell’AI Act dipende ora dall’occhio invisibile di chi lavora “in trincea”.

L’Europa alza la posta sulla trasparenza e l’etica dell’intelligenza artificiale. Con una mossa strategica, che sposta il peso della vigilanza dalle sole istituzioni al singolo individuo, la Commissione Europea ha ufficialmente attivato un nuovo strumento protetto di segnalazione (whistleblowing) specificamente dedicato alle violazioni dell’AI Act.

Gestito direttamente dall’Ufficio Europeo per l’IA, questo canale crittografato permette a dipendenti, ricercatori e cittadini di denunciare in modo anonimo e sicuro i sistemi di IA che contravvengono alle rigorose norme europee.

La misura va oltre l’aspetto burocratico e costituisce piuttosto l’affermazione di un principio: il successo della legge più ambiziosa del mondo sull’IA dipende ora, crucialmente, dall’occhio invisibile e dal coraggio di chi è in prima linea.

Questo strumento trasforma pertanto il whistleblower da potenziale eroe isolato in “garante” essenziale della governance digitale europea.

Il canale crittografato: come funziona davvero

Lo strumento messo a disposizione dall’Ufficio Europeo per l’IA è più di un semplice modulo online e consente a chiunque abbia un legame professionale con un provider di modelli di IA (dipendenti, ex-dipendenti, collaboratori, membri degli organi societari) di denunciare in modo completamente anonimo potenziali violazioni dell’AI Act.

Come chiarito nelle FAQ, la piattaforma utilizza un canale cifrato e certificato, accessibile senza fornire alcun dato personale, e invita gli utenti a non usare dispositivi aziendali e a rimuovere metadati o informazioni identificative dai documenti allegati.

La piattaforma consente comunque il caricamento protetto di file strumentali alla segnalazione, quali strumenti tecnici, report interni, evidenze sull’addestramento dei modelli, metriche di conformità o valutazioni di rischio.

Al momento dell’invio viene generata una “secure inbox”, protetta da password e Case ID, che permette un dialogo bidirezionale con l’Ufficio, senza compromettere l’anonimato: entro sette giorni arriva la conferma di ricezione, entro quattordici viene indicato se l’Ufficio è l’autorità competente e, entro tre mesi (sei in casi eccezionali), viene fornito un riscontro finale.

Solo tre membri appositamente formati dell’AI Office possono accedere alle segnalazioni e il contenuto viene condiviso con altri esperti solo previa autorizzazione del segnalante.

Dal 2 agosto 2026, inoltre, tali segnalazioni rientreranno pienamente nella protezione della Direttiva UE 2019/1937(Direttiva Whistleblowing), che vieta le ritorsioni e tutela chi agisce in buona fede.

Il messaggio politico è evidente: l’Europa non vuole più dipendere solo dai controlli ex post e punta così a creare una rete di sentinelle diffuse che intercettano anomalie già in fase di sviluppo.

Una governance condivisa

L’Europa è da tempo all’avanguardia nella regolamentazione del digitale, ma l’efficacia di una legge complessa come l’AI Act risiede nella sua applicazione concreta.

Data la vastità del panorama dell’IA e l’elevato numero di sistemi classificati come “ad alto rischio”, i soli controlli istituzionali da parte degli Stati membri non sarebbero sufficienti per garantire un’efficace sorveglianza.

L’introduzione dello strumento di whistleblowing sembra il riconoscimento ufficiale che l’efficacia della legge richiede la partecipazione attiva della società civile e, in particolare, degli insider aziendali. Si tratta infatti di uno strumento costruito per incoraggiare le segnalazioni, garantito dall’anonimato e che, grazie al sistema crittografato, permette un follow-up protetto con l’Ufficio, superando le storiche paure di ritorsione che hanno da sempre frenato i potenziali segnalatori.

Il whistleblower come sentinella etica

Il cuore pulsante di questo sviluppo è il cambio di prospettiva nel concetto di sorveglianza. L’AI Act classifica i sistemi in base al rischio e stabilisce requisiti stringenti (trasparenza, robustezza, supervisione umana) soprattutto per quelli ad alto rischio (es. sanità, giustizia, assunzioni).

I soggetti che lavorano con questi sistemi (es. sviluppatori, dipendenti o data scientist) sono senz’altro le persone più adatte a identificare per tempo quando un algoritmo non rispetta i requisiti essenziali richiesti dalla legge. È in questo senso che il whistleblower assume il ruolo di “sentinella etica”, il cui intervento può impedire che un sistema non conforme venga lanciato sul mercato o causi danni significativi.

Per fare un esempio concreto: se un ingegnere che ha contribuito allo sviluppo di un software in una grande azienda scoprisse che l’algoritmo di screening delle domande di credito, (classificato come ad alto rischio) presenta un bias significativo che svantaggia ingiustamente candidati provenienti da determinate aree geografiche, potrebbe effettuare una segnalazione mirata e tempestiva all’Ufficio per l’IA. Potrebbe quindi bloccare una violazione dei diritti fondamentali imposta dalla legge.

Tuttavia, come ricordato sopra, la tutela whistleblowing entrerà in vigore solo da agosto 2026: ciò significa che, fino ad allora, chi segnala violazioni dell’AI Act godrà sì di anonimato e riservatezza garantiti dall’AI Office, ma non delle piene protezioni giuridiche contro le ritorsioni previste dalla Direttiva Whistleblowing.

Dal 2026, invece, le segnalazioni saranno formalmente coperte dalla direttiva: le aziende saranno obbligate a non penalizzare chi segnala e il whistleblower acquisirà un vero status legale protetto. Fino ad allora, l’intero ecosistema vivrà una fase di transizione in cui la tutela sarà di natura soprattutto tecnica, non ancora normativa.

Le violazioni segnalabili: dal bias sistemico allo “shadow AI”

Attraverso le stesse FAQ è possibile individuare alcune categorie di irregolarità che potrebbero essere oggetto di segnalazione.

A ben vedere le FAQ non riportano un elenco strutturato “ufficiale” delle categorie di irregolarità, ma elencano espressamente quali obblighi possono essere violati (Art. 53–55, AI Act). Da tali obblighi derivano le tipologie di irregolarità segnalabili.

Le FAQ descrivono quindi, tramite tale meccanismo, cosa può essere segnalato; richiamano gli articoli specifici del regolamento; definiscono implicitamente l’ambito delle violazioni rilevanti.

Di fatto, da questa descrizione si ricava l’ambito operativo delle nuove “sentinelle digitali”.

Inosservanza dei requisiti dei sistemi ad alto rischio.

Il cuore dell’AI Act è nei requisiti per i sistemi classificati come high-risk: governance dei dati, robustezza, tracciabilità, supervisione umana, cyber security.

Violazione tipiche potrebbero essere: dataset non documentati, modelli testati solo su subset non rappresentativi, mancanza di strumenti per l’override umano.

Manipolazione psicologica e rischio per i diritti fondamentali

Il regolamento vieta pratiche di IA che sfruttano vulnerabilità cognitive o emotive dell’utente. I whistleblower possono ad esempio denunciare algoritmi che incentivano comportamenti dannosi o manipolativi attraverso interfacce persuasive.

Shadow AI e sistemi non dichiarati

Un tema emergente riguarda l’uso di modelli generativi o tool automatizzati non dichiarati nei processi aziendali.

Molte organizzazioni stanno già sperimentando “shadow AI”, cioè modelli usati internamente senza valutazione dei rischi o senza notificarne l’uso ai responsabili della compliance.

Segnalare questi casi significa prevenire una delle più ampie categorie di rischi “non monitorati”.

Il ruolo delle aziende: prevenzione, paura delle sanzioni e nuove responsabilità

Le imprese europee, grandi o piccole, non possono permettersi di ignorare questo nuovo scenario. Il regime sanzionatorio dell’AI Act è molto più severo di quanto i manager abbiano ancora realizzato: fino a 35 milioni di euro o fino al 7% del fatturato globale per le violazioni più gravi (tra cui l’uso di sistemi vietati); fino a 15 milioni o al 3% del fatturato per la mancata conformità ai requisiti dei sistemi ad alto rischio.

Questa pressione normativa genera una dinamica nuova: il whistleblower, da rischio reputazionale, potrebbe diventare risorsa strategica per evitare sanzioni, richiami pubblici e stop alla commercializzazione di prodotti basati sull’IA.

Secondo un recente report dell’ECIIA, molte aziende europee stanno già potenziando i propri programmi di compliance, introducendo: audit interni più strutturati, documentazione completa del ciclo di vita dei modelli e meccanismi di segnalazione più strutturati, compatibili con la Direttiva Whistleblowing.
Il contesto competitivo cambia: chi integra per primo la conformità come asset strategico guadagnerà un vantaggio reputazionale non trascurabile, soprattutto nei settori retail, fintech, sanità e risorse umane.

La nuova psicologia della segnalazione: dal coraggio individuale al dovere civico

Il successo del canale europeo dipenderà anche dalla volontà dei professionisti di uscire dall’ombra e prendere parte alla governance dell’IA. Il dibattito etico degli ultimi anni ha messo in luce un fenomeno noto come “silencing effect”, ovvero l’auto‐soppressione o l’evitamento di segnalare anomalie per paura di ritorsioni: gli insider osservano anomalie, ma evitano di segnalarle per paura di isolamento, di perdita del posto di lavoro o di danni reputazionali.

A ribaltare questa logica interviene una scelta politica molto chiara della Commissione: trasformare il whistleblowing in un dovere civico digitale, mettendo a disposizione la stessa tecnologia di protezione usata da ONG, giornalisti investigativi e organizzazioni internazionali.

Un precedente significativo è il caso di Frances Haugen ex manager di Meta che, con le sue rivelazioni, ha messo in discussione la gestione del rischio algoritmico da parte dei grandi player.

Il messaggio implicito dell’UE è una provocazione ben calibrata: se l’innovazione non può essere controllata dall’interno delle aziende, saranno gli stessi insider a farlo per conto della collettività.

La scommessa politica dell’UE: vigilanza distribuita come modello globale

L’UE sta tentando qualcosa che nessun altro blocco geopolitico aveva ancora formalizzato: una vigilanza distribuita, sostenuta da un mix di tecnologia, diritto e responsabilizzazione individuale.

Il canale di segnalazione è infatti solo una componente di una strategia più ampia, che oltre all’Ufficio Europeo per l’IA come hub di supervisione centrale, include:

  • il forum tecnico per garantire interpretazioni coerenti della norma;
  • l’AI Board che coordina Stati membri e autorità nazionali;
  • i futuri codici di condotta volontari destinati ai modelli generativi più potenti.

Questo approccio potrebbe diventare un benchmark globale: mentre Stati Uniti e Cina procedono con regolazioni frammentarie o verticali, Bruxelles scommette su un modello reticolare che affida la tenuta dell’intero ecosistema al contributo di migliaia di attori distribuiti.

L’AI Act potrà vivere se qualcuno avrà il coraggio di usarla

Il nuovo canale di whistleblowing rappresenta senz’altro un punto di svolta dell’AI Act, perché trasforma, in maniera finora inedita, gli insider da figure marginali a elementi centrali della governance europea.

L’UE riconosce che la legge, pur impeccabile nelle sue intenzioni, non è in grado di sorvegliare da sola un ecosistema fluido, machine-driven e dominato da attori globali, e deve ora misurarsi con una sfida che va oltre la conformità tecnica: la mobilitazione della responsabilità individuale.

La sentinella digitale potrebbe diventare l’architrave della nuova etica dell’IA se chi vede avrà la forza (e la protezione) per parlare.

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