GUIDA ALLA NORMATIVA

Marketing predittivo e smart cameras: linee guida per il corretto trattamento dei dati personali

L’uso di tecnologie di marketing predittivo, abbinato allo sfruttamento della videosorveglianza attraverso smart cameras, pone serie problematiche in tema privacy in quanto la memorizzazione delle immagini di un volto costituisce un trattamento rilevante ai fini della tutela dei dati personali. Ecco le linee guida per la compliance normativa

Pubblicato il 07 Nov 2019

Veronica Muratori

Intellectual Property, Technology & Privacy team, Associate Studio Legale Withers

Marketing predittivo smart cameras linee guida privacy

L’utilizzo di tecnologie di marketing predittivo è sempre più diffuso ed efficace. Lo sviluppo di tale forma di marketing, inoltre, va di pari passo con lo sfruttamento della potenzialità della videosorveglianza attraverso l’uso di smart cameras.

Capita a molti, infatti, di vedere posizionati in luoghi privati o pubblici, negozi, stazioni e aeroporti, totem o schermi che visualizzano messaggi pubblicitari molto più personalizzati di quanto ci si possa rendere conto.

Marketing predittivo e smart cameras: la tecnologia

Esistono oggi tecnologie che sfruttano i sistemi di videosorveglianza per l’analisi di audience pubblicitaria. I sistemi identificano la presenza di un volto umano nell’area ripresa e, sfruttando le immagini raccolte, forniscono alcune informazioni desunte dalle caratteristiche delle persone.

Le informazioni possono poi esser analizzate e utilizzate per creare messaggi promozionali personalizzati sulla base dei dati raccolti, per verificare il gradimento della persona rispetto al messaggio pubblicitario e ogni altro nuovo uso che verrà identificato.

A conferma dell’importanza del fenomeno, tali tecnologie ed in particolare gli usi cosiddetti diversi dei sistemi di videosorveglianza sono stati oggetto di attenzione anche delle recenti Linee Guida pubblicate dall’European Data Protection Board (EDPB).

Le Linee Guida hanno inevitabilmente evidenziato alcune criticità dello sfruttamento di tali tecnologie, criticità che in parte erano già state messe in luce dal nostro Garante.

In primo luogo, le Linee Guida ci ricordano che certamente tali tipi di trattamento dovranno, nella maggior parte dei casi, essere soggetti a una valutazione d’impatto preventiva. Inoltre, ricordiamo che il GDPR in molti di questi casi impone la nomina di un DPO.

Per valutare l’impatto delle Linee Guida e del GDPR su tali sistemi è opportuno distinguere tra i vari sistemi di videosorveglianza, ivi incluse le tecnologie ad esse annesse e le finalità di trattamento.

Le applicazioni possono essere molteplici: sistemi che riconoscono i clienti quando entrano in un negozio, che riconoscono le loro preferenze al fine di poter suggerire i prodotti più affini ai loro gusti o sistemi come il cosiddetto camerino intelligente.

A seconda della tecnologia della “smart camera” ci saranno trattamenti più o meno invasivi delle persone riprese. Una prima macro distinzione è tra i sistemi che si limitano a rilevare un volto trattando soli dati personali (face detection) e i sistemi che invece riconoscono il volto (face recognition) e sfruttano quindi i dati biometrici.

Marketing predittivo e smart cameras: problematiche privacy

Ad una prima impressione si potrebbe credere che la semplice ripresa di un volto, per una manciata di secondi, non abbia rilevanza ai fini privacy.

Invece, come già osservato dal Garante Privacy Italiano nel Provvedimento [doc. web n. 7496252], la memorizzazione delle immagini di un volto costituisce un trattamento rilevante ai fini della tutela dei dati personali: “seppur per un breve lasso di tempo, pari a qualche decimo di secondo, il sistema installato dalla Società comporta un trattamento di dati personali, consistenti nelle immagini del volto degli interessati, finalizzato a desumere dall´immagine del viso una serie di informazioni utilizzate per effettuare analisi dell´audience pubblicitaria“.

Come per ogni trattamento di dati, le Linee Guida specificano che sarà necessario individuare la finalità del trattamento e la base giuridica che lo fonda.

Pare realistico sostenere che nella maggior parte dei casi tali tipi di trattamento troveranno il loro fondamento sul legittimo interesse del titolare, stante l’oggettiva difficoltà di acquisire il consenso dei soggetti interessati. I soggetti interessati dovranno però avere il diritto ad opporsi a tale trattamento.

Smart cameras e face detection

Qualora si decida di sfruttare delle smart cameras con tecnologia di face detection, ossia una tecnologia che è in grado di identificare la sola presenza di persone (ad esempio per contare il numero di ingressi in un certo locale), ci si troverà di fronte a un trattamento di dati personali.

L’algoritmo del sistema consente di determinare la presenza di un volto umano nell’area ripresa e in alcuni casi, a seconda dell’uso del sistema di smart cameras, di rilevare il tempo di permanenza davanti al campo visivo del sensore o davanti alla pubblicità mostrata e/o di fornire alcune informazioni approssimative desunte dalle caratteristiche del volto.

Tali sistemi quindi non consentono il riconoscimento facciale dei passanti, né il loro monitoraggio o tracciamento, ma, come visto sopra, sono pur sempre rilevanti sotto il profilo della tutela dei dati personali.

In un caso simile, in cui la società sfruttava una tecnologia di smart cameras per effettuare una “analisi cosiddetta anonimizzata dell’audience pubblicitaria” in cui nessun dato personale restava memorizzato in modo duraturo nel sistema, il nostro Garante (provvedimento 7496252 del 21 dicembre 2017) aveva prescritto alla società di collocare presso ogni totem/strumento installato un cartello, (anche in formato di vetrofania) che segnalasse la presenza della telecamera e che riportasse gli elementi essenziali relativi al trattamento dei dati effettuato.

Tale informativa sintetica doveva inoltre contenere i riferimenti all’informativa completa facilmente raggiungibile – anche tramite un apposito QR Code – sul sito internet della società titolare. Oltre a ciò il Garante aveva predisposto l’obbligo di monitoraggio dei dispositivi utilizzati.

Anche le Linee Guida parlano di un doppio livello di informazione agli interessati nei luoghi in cui avviene la video sorveglianza.

Un primo livello che è costituito dal segnale di avvertimento ed un secondo livello di informazione dove vengono fornite informazioni ulteriori.

Il segnale di avvertimento non dovrebbe essere posizionato troppo distante dalla postazione di video registrazione affinché l’interessato possa facilmente riconoscere la finalità della videosorveglianza (approssimativamente ad altezza occhi).

A ciò si aggiungono le prescrizioni in tema di periodo di conservazione dei dati e misure di sicurezza che dovranno essere attentamente valutate.

Smart cameras e face recognition

Diverso è il caso di sistemi che tramite la video sorveglianza e le smart cameras trattano dati particolari. Ci riferiamo ai sistemi in grado di identificare le persone.

Tale trattamento deve essere effettuato ai sensi dell’art. 9 GDPR, articolo che disciplina il trattamento di categorie particolari di dati personali e prim’ancora dovrebbe minimizzarsi il rischio di catturare filmati che rivelino altri dati sensibili, indipendentemente dalla finalità perseguita.

Come sottolineato dalle Linee Guida, l’uso di dati biometrici ed in particolare il riconoscimento facciale comportano rischi elevati per i diritti degli interessati. Il ricorso a tali tecnologie deve avvenire nel dovuto rispetto dei principi di liceità, necessità, proporzionalità e minimizzazione dei dati come stabilito nel GDPR.

Pare quindi fondamentale distinguere tra i sistemi che semplicemente rilevano le caratteristiche fisiche al fine di classificare le persone senza identificarle e sistemi che sono in grado di generare dei template biometrici al fine di indentificare univocamente una persona.

Il GDPR afferma all’Articolo 4.14 che il dato biometrico deriva da un trattamento tecnico specifico relativo a caratteristiche fisiche, fisiologiche o comportamentali. Il video realizzato di per sé non è un dato biometrico ai sensi dell’articolo 9 GDPR, ma può diventarlo se trattato tecnicamente al fine di contribuire all’identificazione di un individuo.

Qualora i dati trattati dal sistema di videosorveglianza vengano trattati in maniera da identificare in maniera univoca una persona, allora ci si troverà di fronte ad un dato biometrico.

I criteri che si possono utilizzare per verificare se ci si trovi di fronte ad una tecnologia che sfrutta i dati biometrici sono:

  1. la natura dei dati (dati relativi a caratteristiche fisiche, fisiologiche o comportamentali di una persona);
  2. i mezzi e le modalità di trattamento (sono dati risultanti da un trattamento tecnico specifico o meno);
  3. le finalità del trattamento (identificare univocamente una persona).

Le Linee Guida ribadiscono che l’uso privato del riconoscimento biometrico tramite videosorveglianza presuppone spesso come base giuridica un esplicito consenso di tutti gli interessati (articolo 9, paragrafo 2, lettera a) GDPR), con le relative eccezioni.

Si pensi al caso in cui il titolare memorizza i dati biometrici e tali dati sono raccolti per indentificare una persona, anche per finalità di marketing. Il sistema quindi memorizza dati biometrici tramite dei template generati dall’estrazione di caratteri chiave delle persone inquadrate dalle smart cameras (ad esempio le misure di un volto).

Questo può essere il caso del proprietario di un negozio che installa un sistema di riconoscimento facciale all’interno dei suoi locali al fine di personalizzare la pubblicità nei confronti dei clienti o di offrire ai clienti una shopping experience personalizzata.

In questo caso la finalità del trattamento è fin dal principio quella di riconoscere una persona e sarà necessario raccogliere il consenso dei clienti prima di poter attivare il sistema per finalità di marketing.

Le Linee Guida chiariscono che il sistema sarebbe illecito se catturasse dati biometrici dei visitatori o passanti senza il loro consenso, anche se i loro dati venissero cancellati immediatamente dopo la loro acquisizione.

Quindi qualora ci si trovi in un ambiente privato, gestito dal titolare, nella maggior parte dei casi lo stesso dovrà premurarsi della richiesta del consenso in caso di trattamento di dati biometrici. Il doppio livello di informativa come per il caso di face detection non è sufficiente.

Cosa succede nei casi, sicuramente molto ricorrenti, in cui le telecamere ed i sistemi di rilevamento biometrici sono installati in ambienti non controllati dove possono indistintamente accedere tutti? In questi casi non è infatti possibile inquadrare solo chi ha dato un consenso al trattamento.

Il sistema potrebbe anche identificare le persone che non hanno dato il proprio consenso per distinguerle da quelle che lo hanno dato e quindi poi escluderle dall’invio delle comunicazioni.

Nuovamente ci si trova di fronte ad un trattamento la cui finalità è quella di indentificare una persona. Le Linee Guida chiariscono che sarà possibile procedere a tale tipo di trattamento solamente avendo ottenuto il consenso di ciascuna persona inquadrata dalla smart camera, con tutte le difficoltà del caso, o qualora si sia in presenza di una delle ipotesi-eccezioni previste dall’art. 9.2 GDPR.

Conclusioni

Sicuramente tale necessità rappresenta un importante passaggio da tenere in considerazione sia nello sviluppo che nello sfruttamento di tali tecnologie, che incontrano un limite ogni qual volta vogliano sfruttare un dato biometrico per finalità di marketing.

Le smart cameras sono quindi un importante strumento di marketing che deve essere utilizzato valutando attentamente l’impatto sul trattamento dei dati e sui rischi ad esso connessi.

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